di Clara Varano – Due gruppi operativi, tutti con un’unica finalità: gestire la droga che veniva spacciata a Catanzaro.
Questo è uno degli elemnti resi noti dalla conferenza stampa, tenuta questa mattina nell Questura del capoluogo. Il primo gruppo faceva capo ad Antonio Scozzafava, di 41 anni, e Stefano Sestito (25), mentre l’altro era capeggiato da Antonio Gualtieri (42) e Giuseppe Barbuto (39). Scozzafava e Sestito gestivano la droga all’interno delle discoteche della zona di Catanzaro, molti degli arrestati, infatti, lavoravano come addetti alla vigilanza. A questo poi si aggiunge il ruolo avuto dall’avvocato Gennaro Corea il quale, secondo gli investigatori, oltre a finanziare, avrebbe anche utilizzato la sua barca per vendere lo stupefacente ad una clientela composta prevalentemente da professionisti della zona. Il secondo gruppo si sarebbe occupato dello spaccio di droga svolto con i metodi classici. Tra i componenti c’era anche il titolare di un bar. In quest’ambito avrebbe avuto anche un ruolo il carabiniere Mario Russo. A quest’ultimo, inoltre, viene contestato anche un tentativo di recuperare le somme per una partita di droga non pagata.
La droga arrivava prevalentemente dalla provincia di Reggio Calabria, Africo e Rosarno, e da quella di Crotone, dall’area di Isola Capo Rizzuto, per poi essere spacciata nel catanzarese. Giunta nel capoluogo la droga veniva tenuta nelle abitazioni degli arrestati o comunque in luoghi di loro pertinenza.
I particolari dell’operazione sono stati resi noti dal Procuratore della Repubblica di Catanzaro, Vincenzo Antonio Lombardo, dall’aggiunto, Giuseppe Borrelli, dal questore, Vincenzo Carella, e dal dirigente della squadra mobile Rodolfo Ruperti.
“Questa è un’operazione – ha detto Lombardo – che deve dar fiducia alla gente. Lo spaccio di droga è un fenomeno che desta allarme e noi abbiamo dato una significativa risposta. Eravamo in presenza di due gruppi che avevano calmierato il prezzo della droga e la presenza di un carabiniere, che prima lavorava in Procura e poi è stato allontanato, ha destato in noi un’amara sorpresa. C’è poi l’avvocato che trattava droga sulla sua barca per gente raffinata”.
Borrelli ha evidenziato che “questa attività dimostra che nel capoluogo ci sono spazi di illegalità”. Per il questore Carella si è trattato di una “indagine molto complessa che ha portato alla luce anche rapine e furti”. Ruperti ha riferito che “la droga veniva acquistata ad Isola Capo Rizzuto e nel reggino. Quantità di 2-300 grammi a settimana che poi veniva venduta a Catanzaro”.
Il Gip parla di “Associazione criminale di matrice calabrese dedita ad attività di narcotraffico ed in particolare allo spaccio di cocaina e cannabinoidi”.
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L’avvocato – Lo chiamavano Avvocato, o anche solo Gennaro, ma al telefono, secondo le intercettazioni le discussioni riguardavano la droga. “Partecipe all’organizzazione criminale promossa” da Scozzafava e Sestito, “fungendo da distributore al dettaglio per il sodalizio criminale dello stupefacente. A tal fine Sestito avrebbe ceduto la cocaina “al Corea, che l’ha acquistata e detenuta al fine di spaccio”. E la cocaina da Corea, veniva spacciata, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti sulla sua barca. Nelle conversazioni intercettate Sestito, infatti, indica la barca “come luogo utilizzato dal Corea per lo spaccio”. Per il giudice non c’è nessun dubbio sul suo coinvolgimento. Sestito consegnava la droga a Corea e questo oltre che dalla reale proprietà di una barca e dalle parole di Sestito “non ne ho più gliel’ho data a Gennaro … gliel’ho data in modo che la provino tutti”, anche dall’incorcio dei dati che Gps, forniti alla Polizia sui luoghi di incontro. E ancora: “A me Gennaro mi interessa più di tutti, è lui che la caccia, mo è il periodo che va sopra la barca” è Sestito che parla.
Il Carabiniere implicato – Per Mario Russo, carabiniere in servizio, tra le utenze sotto sequestro c’era anche quella “intestata al Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri ed a lui assegnata” ruolo di “partecipe all’organizzazione criminale, promossa e diretta dal Gualtieri, fungendo da principale collaboratore di Barbuto Giuseppe, nella co-detenzione della sostanza stupefacente da destinare allo spaccio; si mette a disposizione dell’organizzazione nella sua funzione di carabiniere anche cercando di aprendere notizie riservate utili all’associazione di riferimento; si impegna, inoltre, nella raccolta di denaro da altri sodali per far sì che il Barbuto onori i suoi debiti nei confronti dei fornitori”. Per Russo, il Gip, ha anche accolto l’ipotesi di reato di estorsione: “perché mediante minacce indirette consistite nel digli che lo stesso ‘aveva a che fare con gente di merda’ a cui doveva dare i soldi richiestigli più volte per il pagamento della cocaina a lui ceduta dallo stesso Russo, poneva in essere atti idonei e diretti in modo non equivoco a costringere Colicchia Maurizio a corrispondergli la somma di denaro euro 750,00 per l’adempimento di una obbligazione illecita”. E’ il Colicchia ad avere “un debito in denaro nei confronti del Russo o comunque di terze persone definite ‘gente di merda’”. A confermare tutto è Colicchia, che durante la convalida dell’arresto davanti al Gip dichiara che “Russo Mario aveva dapprima procurato e poi ceduto della cocaina, oltre che a lui anche a P. M. e C.D.”. I due si erano conosciuti nella scuola frequentata dai figli e dopo Colicchia era venuto a conoscenza del fatto che “Mario Russo era un grosso assuntore di cocaina, la cosa mi fece molto stupore in quanto io ero a conoscenza che fosse un carabiniere … “. Secondo il racconto di Colicchia, Russo, organizzò, una serata per consumare insieme cocaina e da quel momento iniziarono i problemi fra i due e le minacce, comprovate anche dalle intercettazioni. “Non ho a che fare con gente normale”. La gente di merda alla quale si riferisce sono i fornitori della cocaina, quelli con i quali non è faciel parlare. Tutte le accuse relative a Mario Russo, sono fondate sulle dichiarazioni di Colicchia, perché non si configura “nessun interesse specifico a calunniare il Russo”. Numerose captazioni, poi, corroborano la tesi accusatoria ed il coinvolgimento dello stesso.