di Lidia Liotta
Dal sito www.quicalabria.it
L’esempio certamente più eclatante dello sperpero di denaro pubblico è quello della Diga sul Metramo, la più alta d’Europa con i suoi 104 metri. A parte una pozzanghera che si è formata spontaneamente, di acqua all’interno dell’invaso non ce n’è (dovrebbe contenere 30 milioni di
metri cubi) e non ce n’è mai stata.
La diga era stata progettata al servizio del V centro siderurgico, che doveva sorgere nella Piana di Gioia Tauro: l’acciaio da quelle parti non si è mai visto, ma la diga, invece di essere abbandonata, ha cambiato, più volte, destinazione d’uso: prima opera strategica per l’agricoltura (doveva irrigare 20mila ettari di terreno), poi fondamentale per dissetare i calabresi, sempre comunque oggetto di una attenzione particolare della magistratura che ha più volte sospettato la presenza della criminalità organizzata dietro i cantieri. Ma soprattutto quello che è cambiato è il costo, che negli anni ha subito 76 aumenti di prezzo successivi. Nel 1981 l’appalto prevedeva 39 miliardi di stanziamento per un’opera da concludersi entro 6 anni; nel 1996 grazie a 78 perizie di revisione erano stati già spesi 390 miliardi (dieci volte il previsto). La Corte dei Conti ha stimato recentemente che i lavori hanno comportato un danno per l’erario di 819 miliardi di vecchie lire. Senza che da lì sia sgorgata una sola goccia d’acqua in quanto non sono state realizzate le condutture.
Il progetto della Diga sul Menta viene approvato nel 1979 ed ha un costo iniziale di 65 miliardi: prevede la realizzazione di un “orrido buco” di 18 milioni di metri cubi, e di altri tre bacini sui torrenti Amendolea, Aposcipo e Ferraina. Da qui l’acqua, grazie a una condotta sotterranea di 7 chilometri e mezzo, doveva giungere all’invaso principale, tramite un complesso sistema di "doppia adduzione". Scopo del progetto era solo in parte la soluzione del problema della “grande sete” di Reggio Calabria (determinata da una rete idrica che perde il 50% dell’acqua immessa, e dal fatto che nella città sono sorti interi quartieri abusivi, che si sono allacciati alle condutture): il 33% dell'acqua raccolta, infatti, doveva avere non meglio precisati "usi industriali", tra i quali l'alimentazione di una centrale idroelettrica che aveva un costo previsto di 120 miliardi. Nel 1985, quando i lavori iniziarono – insieme alle intimidazioni – i costi erano già arrivati a 210 miliardi. Nel ‘libro bianco’ del governo Dini ne furono previsti altri 296.
La diga sul Menta è anche un appalto sul quale si è scatenata una vera guerra di ‘ndrangheta: le prime minacce e i primi episodi di intimidazione si sono avuti nel maggio 1985, nella fase preliminare dei lavori. Nel frattempo, l’intera area è divenuta parte integrante del Parco Nazionale dell’Aspromonte, senza che siano stati stanziati dei fondi per risanare le gravi ferite ambientali inferte dal megaprogetto nell’area protetta, una risorsa reale da difendere e valorizzare.
Lo scorso 16 marzo la situazione sembrerebbe essersi sbloccata. Il CIPE ha dato il via libera approvando un finanziamento per il completamento della diga del Menta. Per i lavori saranno necessari 102 milioni di euro, 79 a carico dello stato e 23 milioni della Regione, attraverso la Sorical, la società che gestisce i sistemi idrici calabresi. Ma sicuramente il lavoro non finisce qui perché manca ancora il progetto definitivo.
Un’analisi obiettiva delle esigenze prioritarie in Calabria non dovrebbe lasciare dubbi sulla necessità di ridefinire il progetto, completando e ridimensionando l’invaso, allacciandolo, come previsto, ai comuni aspromontani e a Reggio Calabria. Nessuna ragione giustifica invece, oggi, l’investimento economico per un devastante sistema di “doppia adduzione”. Tanto meno il fatto che occorre spenderli per consentire alle imprese private di spenderne altri per la centrale idroelettrica, visto che la Calabria, come già detto, esporta i due terzi dell’energia elettrica e le priorità idriche di questa regione risiedono altrove, dal dissesto idrogeologico alle gravi lacune del sistema di depurazione delle acque