La riforma del welfare calabrese va attuata, senza se e senza ma. E va attuata subito, avendo quale unico obiettivo il benessere delle persone fragili, degli utenti, per meglio comprenderci. Da oltre 15 anni in Calabria si aspettava che si mettesse mano ad una riforma del sistema di assistenza e tutela delle fasce più deboli. Infatti sino ad oggi in questa regione (e solo in questa regione!) abbiamo continuato ad operare con le nostre organizzazioni (cooperative, associazioni e soggetti del privato sociale) fuori da quella che senza dubbio rappresenta la vera riforma del welfare, la 328 del 2000.
Finalmente, con un lavoro di quasi due anni, si è riusciti a definire un regolamento attuativo di questa legge, un regolamento, si noti bene, che altro non è che la pedissequa applicazione dei dettami normativi nazionali.
Una riforma tanto attesa che oggi rischia di naufragare a seguito della nota sentenza del TAR che annulla delibera per fattori di natura procedurale.
Sul punto è bene essere chiari, considerando che negli ultimi giorni si è assisto a dichiarazioni sconcertanti da parte di alcuni politici, di alcuni comuni ed anche, purtroppo, di alcune (poche) strutture, che hanno ferocemente criticato il metodo partecipativo utilizzato per arrivare al testo della riforma, considerandolo insufficiente, o addirittura inesistente.
Ebbene, alla stesura della riforma hanno partecipato, oltre al Tavolo Tecnico istituito con Delibera di Giunta Regionale e composto da rappresentanti indicati dai principali Organismi di rappresentanza del mondo del terzo settore, il Dipartimento Politiche Sociali della Regione Calabria, l’Anci in rappresentanza dei comuni, i rappresentanti delle sigle sindacali.
Affermare oggi che i Comuni o le strutture socio-assistenziali non sono stati coinvolti, significa negare una verità storica indiscutibile, con il rischio di riportare le politiche sociali calabresi alle vecchie logiche assistenzialistiche e clientelari che hanno prodotto sfaceli negli ultimi trent’anni ed i cui risultati sono sotto gli occhi di tutti. Basta guardare in tal senso a come siano suddivisi in modo assolutamente iniquo i servizi sul territorio regionale, con intere aree sprovviste di qualsivoglia assistenza, o come vi siano regole, convenzioni e rette differenziate per servizi identici! Tutti frutti di una mancanza di regolamentazione che ha determinato negli anni sperequazioni ed ingiustizie sociali, e che soprattutto ha abbassato il livello di qualità delle prestazioni sociali facendo pagare un prezzo enorme proprio ai cittadini più fragili e deboli.
Ed è su questo punto che insistiamo con forza: la riforma è pensata e voluta per i cittadini calabresi, e non per i Comuni o per le strutture!
E si è tentato di programmare il cambiamento, con il coinvolgimento degli attori sociali, ponendosi avanti obiettivi di interesse generale quali: la tutela dei diritti dei più fragili, l’assistenza, la garanzia della qualità delle prestazioni, l’utente al centro di ogni politica sociale. Sono questi i principi che hanno guidato il lavoro del tavolo tecnico nelle proposte e nei contributi che hanno poi dato vita a quella che è stata la deliberazione n 449 del 2016 e delle successive modifiche, delibere oggi tanto chiacchierate.
Una riforma, in altre parole, che intende regolamentare l’intero sistema, innalzare gli standard qualitativi delle strutture, regolamentare i rapporti lavorativi. Una riforma che intende riportare il tutto nell’alveo della legalità, insomma. Ma evidentemente non a tutti conviene!
Ma vi è di più. Il lavoro svolto ha determinato l’avvio sui territori, sia nel mondo del terzo settore che negli enti locali, di processi attuativi che oggi non possono più essere fermati.
Ci sono organizzazioni del terzo settore che in ossequio alla riforma hanno adeguato le piante organiche procedendo a nuove assunzioni, hanno investito sugli immobili e sulle attrezzature, aspettando ovviamente l’adeguamento tariffario conseguente e previsto dalla delibera 449.
Oggi queste stesse organizzazioni si trovano a rischio chiusura solo perché hanno correttamente risposto ad un obbligo normativo! E ciò che è peggio le persone aventi diritto non sanno più a chi rivolgersi, considerando che in questa enorme confusione generata dalla
sentenza, sul territorio regionale sono di fatto bloccate le autorizzazioni per le prese in carico presso i servizi.
Ecco perché oggi, più che mai, non si può tornare indietro ed è necessario che il governo regionale agisca con determinazione ed urgenza.
Occorre perfezionare sicuramente l’impianto normativo per quanto concerne la compartecipazione degli utenti, e garantire l’accompagnamento ai comuni per l’attuazione della riforma, ma la Regione deve necessariamente e con urgenza porre in essere i provvedimenti necessari per riavviare il cammino della riforma, tenendo ben presente che, come abbiamo sempre detto, è necessario un investimento economico maggiore, considerando che la Calabria resta il fanalino di coda della classifica nazionale per la spesa pro capite sulle politiche sociali.
Forum Terzo Settore Calabria : Gianni Pensabene
LegacoopSociali Calabria: Lorenzo Sibio
Federsolidarieta – Confcooperative Calabria: Giuseppe Peri
AGCI : delegato al Tavolo Tecnico Antonio Grimaldi.