Lo stesso infatti presenta ad una attenta lettura evidenti lacune e profili di approssimazione tali da mettere in serio pericolo anche il futuro occupazionale dei lavoratori dipendenti degli enti locali interessati.
La prima considerazione non può prescindere dalla previsione dell’art. 4 della Legge regionale 9/86 che già individua nei “liberi consorzi di comuni denominati province regionali” una delle articolazioni dell’amministrazione territoriale siciliana. L’elefante ha quindi partorito un topolino!!!
Per abbattere le uniche spese eliminabili (I SOLI RISPARMI CHE LA NUOVA LEGGE PUO’ PERSEGUIRE SONO RELATIVI AI COSTI DELLA POLITICA ED A QUESTO PROPOSITO CI PIACEREBBE SAPERE PERCHE’ CROCETTA NON ABBIA ANCORA PROCEDUTO ALLA RIDUZIONE DEI PARLAMENTARI SICILIANI ED AL LORO COMPENSO) sarebbe quindi stato sufficiente modificare organicamente il titolo V della stessa Legge 9/86 riducendo drasticamente la composizione degli organi, prevedendo ad esempio un presidente ed un consiglio di amministrazione di pochi membri.
Ma è il resto della proposta a destare perplessità e preoccupazione soprattutto sotto i seguenti aspetti. 1) La previsione della eliminazione delle Province in Sicilia, scissa da un complessivo provvedimento nazionale, oltre a presentare seri dubbi di incostituzionalità, mette seriamente a repentaglio tutto il sistema dell’autonomia impositiva degli enti intermedi che si andrebbero a creare. Per effetto della riforma del titolo V della Costituzione, il nuovo testo dell’art. 119, disciplina che “…i comuni, le Province, …” godono di risorse autonome, potendo contare su potestà tributarie delegate ,che garantiscono entrate certe, e per le quali non è in alcun modo ipotizzabile un automatico subentro di nuovi soggetti. In parole povere sono a rischio le entrate derivanti da ADDIZIONALE PROVINCIALE IRPEF, IMPOSTA PROVINCIALE DI TRASCRIZIOINE, TEFA, ADDIZIONALE
SUI CONSUMI DI ENERGIA ELETTRICA, solo per citare alcune fattispecie.2) Non viene in alcun modo definito il futuro dei lavoratori dipendenti delle attuali Province, con particolare riferimento a quelli di Palermo, Catania e Messina che, in quanto “Città metropolitane”, non potrebbero peraltro far parte di alcun consorzio.
Il nostro non vuole essere un NO aprioristico ad una necessaria riforma dell’ente intermedio, che certamente però non può essere attuata con provvedimenti raffazzonati ed approssimativi, che, ad un primo esame, rispondono solo all’esigenza di dare in pasto all’opinione pubblica provvedimenti demagogici a seguito dei proclami di cui il Governo regionale è stato protagonista, e che certamente non sono in grado di raggiungere gli obiettivi che si prefiggono e nascondono l’unico intento di rinviare le elezioni e commissariare gli enti.