di Maria Teresa D’Agostino – Tre notti prima di morire il maiale vede in sogno i coltelli. Così riferiscono gli avi, di una credenza diffusa nella Locride secondo cui questi animali avrebbero la capacità di presagire la fine. Sensibilità e intelletto per riconoscere l’uomo, per affezionarglisi, per avvertirne l’inganno. Pensavano così i nostri nonni, con l’antica e inoppugnabile saggezza popolare. Una leggenda di cui, oggi, rigorosi studi scientifici dimostrano la veridicità collocando i maiali tra gli animali più intelligenti del creato.
I coltelli e tutti insieme gli altri strumenti del rito sanguinoso: il tavolaccio, le corde, la caldaia. I preparativi che precedono il giorno stabilito. Magari, in tempi di norme legali ed etiche, non sarà l’affondo di una lama, non subito almeno, forse sarà preceduto dal “pietoso” colpo di pistola del macellaio. Ma non cambia molto. Vede i coltelli, in una notte fredda di luna chiara. Possiamo immaginare un sussulto. Possiamo sentirne le grida, in un’alba quasi sempre di ghiaccio. Ancora, come il secolo scorso, come cinquanta anni fa, venti… Ancora. E non bastano le mani strette forte sulle orecchie, bambina, accucciata nell’angolo più recondito della casa. Grida la paura di quegli uomini che lo strappano a forza dal giaciglio, a volte con un beffardo cesto di ghiande, grida il sentirsi immobilizzato, bloccato, grida la sua inutile ribellione al destino. “Signore fa’ che muoia presto, fa’ che muoia presto…” Le grida e gli occhi sbarrati, stupiti e terrorizzati, a cercare gli occhi degli stessi uomini che lo hanno nutrito. Stupiti, increduli. Limpidi, chiari, senza macchia. Fredda la notte, l’alba, la lama…
Maria Teresa D’Agostino
Il maiale
era lì che mi guardava.
Il macellaio
faceva finta di niente
e gli girava intorno indeciso
col coltellaccio allucinato.
Voltai l’angolo
il maiale pareva
implorarmi a restare
posando alla catena
come un lupo in olfatto.
Così rimasto incantato
non sentì il coltello
forargli la gola
e non vide il sangue
colargli a dirotto.
Era tutto concentrato
a rivedermi apparire.
(Salvatore Toma 1951-1987)