• Boemi: “E’ necessario comprendere cosa originò omicidi di Paolo De Stefano e del Giudice Scopelliti

    boemi24lugI ripetuti colpi assestati alle cosche reggine sono un'occasione troppo ghiotta per il coordinatore della DDA reggina, Salvo Boemi, per lasciarsela sfuggire. Un'occasione per un'analisi complessiva, per una rivisitazione quasi storica degli eventi criminali reggini degli ultimi 25 anni;

    Ma quale deve essere lo scenario entro il quale i magistrati inquirenti sono legittimati a muoversi?

     "Una Procura distrettuale di una città come Reggio" – dice Boemi- "se lavora seriamente ha il dovere di analizzare i dati oggettivi, ma anche di storicizzarli. Si tratta di un mosaico da ricostruire pezzo per pezzo"

    Può essere individuato uno spartiacque preciso, sul piano temporale, delle attività investigative?

    "Certamente!" – asserisce Boemi- "Come ricorderete, all'inizio degli anni'90 fu molto difficile. E prima lo fu ancora di più. Ricordo, ad esempio, che nel processo Albanese + 106 degli anni '80 avevamo a disposizione un unico collaboratore, di soli 17 anni! In seguito, con le prime condanne, arrivate col "S.Barbara" e poi con il processo "Olimpia", quei collaboratori che ci fornivano notizie solo "de relato" furono affiancati da tanti protagonisti che, colpiti dalle condanne, decisero di saltare il fosso e di raccontarci i fatti in prima persona. Fu questo il grosso salto di qualità. Ed oggi, con le dichiarazioni di personaggi di spicco come Iannò o Fracapane, si chiudono tanti cerchi e si riscontrano, addirittura, momenti di congruità e coincidenza tra le dichiarazioni dei collaboratori provenienti da opposte fazioni"

    E nella gestione delle risultanze investigative il "peso" della provenienza da fazioni opposte quanto incide?

    "Questo è stato per anni l'anello debole;" – rimarca Boemi- "basti pensare, ad esempio, al processo 'S.Barbara', quello basato sulle intercettazioni radio delle comunicazioni in tempo reale dei commandos di morte durante la guerra di mafia che comunicavano tra di loro con delle ricetrasmittenti. Ebbene , lì avemmo il grave problema di avere del materiale unicamente riguardante la cosca degli antidestefaniani, e questo limite lo riscontriamo ancora oggi, sul piano della quantità dei contributi dei collaboratori di giustizia"

    Un quadro storico-critico abbastanza preciso di quanto è avvenuto in questa città dal 1985 ad oggi siamo in grado di tracciarlo?

    "Io credo" – riflette il coordinatore della DDA reggina- "che prima o poi qualcuno debba farsi carico di comprendere a fondo cosa accadde nell'autunno del 1985. Se non si fa piena luce su quei fatti, ogni nostro ragionamento successivo rischia di esserne condizionato.

    Intendo dire" – prosegue Boemi- "che ancora non si è giunti ad una certezza riguardante i motivi che portarono all'eliminazione di Paolo De Stefano. Bisogna capire se si trattò di una reazione mafiosa che innescò la guerra, oppure un omicidio ed una "tragedia" , come si dice in gergo, organizzate a tavolino anche attraverso l'attentato di qualche giorno prima a Nino Imerti. Personalmente credo che proprio da quell'omicidio scaturisca la forma federalista nella quale oggi si atteggia la 'ndrangheta e che rappresenta la sua forza, la sua capacità di essersi modernizzata in fretta. Penso che qualcuno, dall'interno, abbia voluto porre un freno alla verticalizzazione di tipo siciliano cui stava andando incontro la 'ndrangheta con Paolo De Stefano al vertice. Si tratta di un passaggio storico per la criminalità reggina che da lì in poi, dopo la guerra di mafia che ne scaturì, tornò ad un modello orizzontale ed a quel federalismo mafioso che oggi rappresenta la principale forza. Ecco" – conclude Boemi- "bisogna comprendere tutto ciò, così come bisogna comprendere cosa portò, nel 1991, all'eliminazione del mio collega Scopelliti. Personalmente alla pista siciliana non ho mai creduto"

    www.giusvabranca.com

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