L'indignazione monta, sale, giorno dopo giorno, Moggi è sempre più sotto il fuoco mediatico…ma…qualcosa non torna.
Eh no, fessi si, ma non fino in fondo.
Improvvisamente l'Italia che in qualche modo ruota attorno al pianeta-calcio (cioè tutta) ha deciso di rifarsi una verginità ed allora…dagli all'untore!
Ma, dicevo, qualcosa non torna.
L'indignazione del Paese è sorretta da un moto di sorpresa inaccettabile. Inaccettabile dal basso, tra i tifosi, ed a maggior ragione vomitevole quando proviene dall'alto, dai vertici del sistema.
"Le intercettazioni hanno scoperto un mondo" – si dice.
Niente di più falso!
In quelle intercettazioni disposte dal PM (reggino) Luca Palamara non c'è una cosa, dico una, che non fosse nota a tutti coloro che nel Bel Paese si interessano di calcio.
La Gea, gli interessi aggrovigliati attorno alla parolina magica Capitalia, i nomi dei figli di Geronzi, di Tanzi, di Cragnotti,di Moggi, di Lippi, di De Mita improvvisamente alla ribalta a gestire e giocare con i miliardi, diciamo che rumore ne avevano fatto da un pò…Sorpresi? Ma chi? I tifosi? Carraro, Petrucci? Ma daaai!!
Era il 2002 quando Le Monde -non propriamente un giornalino qualunque- apriva un primo
squarcio sulla realtà che già da qualche anno era il segreto di Pulcinella: "le lobby des fils à papa", il titolo che lasciava veramente poco spazio all'immaginazione.
Ma noi Italiani siamo formidabili quando vogliamo fare quelli che cascano dal pero o, per dirla alla reggina, "i scecchi nto lenzolu" ed allora va tutto bene, madama la marchesa e continuiamo a fare finta di nulla.
Ed intanto la Gea World dilaga, moltiplica gli assistiti tra giocatori e allenatori e non si capisce più, ad esempio,dove la famiglia Moggi operi per gli interessi della Gea e dove per quelli della Juventus.
Ma forse, rileva qualcuno, la differenza non c'è, è inutile cercarla.
E dietro tutto ciò vigila, con l'occhio severo e rassicurante che solo i papà potenti possono avere, Capitalia di Geronzi che decide, di volta in volta, in ossequio a logiche affaristiche di sovvenzionare (meglio, di garantire gli scoperti) ora la Lazio, ora il Parma, ora il Perugia, ora il Napoli.
Ed allora se nel 2001 il Perugia è sull'orlo del fallimento chi lo salva con una superfideiussione? Ma la Banca di Roma, of course, non facendo altro che contribuire alla crescita a dismisura del monte…premi di debiti che poi, l'estate scorsa porta al crack degli umbri, scaricati dalla lobby ed alla quale Gaucci, dall'esilio dorato minaccia fulmini e saette (che non manderà mai, in ossequio al principio, sempre attualissimo del "chi è senza peccato scagli la prima pietra").
E la nave va, gli scudetti non vengono assegnati a tavolino, ma- quello si- orientati, indirizzati…consigliati, ecco.
Intanto la grande famiglia Gea si allarga,magari di fatto, quando non è possibile tramite procura: ora Lucianone controlla anche molti degli arbitri e, soprattutto, gestisce a piacimento Pairetto (torinese, naturalmente).
La voce circola sempre più insistentemente, nessuno dei tifosi può dire oggi di non aver saputo, ma nessuno se ne cura, alla fine l'importante è restare a bordo del carrozzone.
Ma il massimo dell' acrobazia da circo è l'indignazione di Carraro.
Franco Carraro, uno degli uomini più potenti d'Italia, ha inventato (e Petrucci lo ha copiato) da decenni, ormai, una sorta di gioco dell'oca tra tutte le cariche più importanti e prestigiose dello sport e della politica, solo negli ultimi anni ha occupato (mai termine fu più adatto) prima la poltrona di Presidente della Lega (in teoria la Lega delle società e che dovrebbe garantirle tutte, in pratica riserva di caccia di Juve e Milan, oltre che degli interessi Gea) e poi, dopo essersi assicurato di lasciarla in buone mani (quali migliori di quelle del numero due del Milan, Galliani?) si è immolato per riprendere il controllo della Federazione che, è utile ricordarlo, gestisce e controlla arbitri (ad esempio Dattilo, Bertini, Trefoloni…) designatori (Pairetto, Bergamo, Baldas) e Nazionale (qualcuno ancora crede alle convocazioni per esclusivi meriti tecnici? Bene, cinque minuti di vergogna!).
E da lì Carraro oggi tuona, lancia anatemi come il buon padre di famiglia tradito dai suoi figli migliori.
Ma chi è questo Franco Carraro così fuori dai giochi?
E' un signore che da 40 anni pratica un giochino strano, come detto sopra, una sorta di girotondo tra le poltrone:
dal 1966 al 1968 è membro del Consiglio Direttivo della Lega Nazionale Professionisti;
dal 1968 al 1972 è Consigliere Federale;
nel 1971 è presidente della Commissione per i rapporti fra la FIGC ed il Sindacato Calciatori;
dal 1972 al 1974 è presidente del Settore Tecnico;
dal febbraio 1973 è vicepresidente della FIGC e dal giugno 1973 è presidente della Lega Nazionale Professionisti;
è presidente della FIGC dal 1 agosto 1976 fino al 1978;
è presidente del CONI dal 1978 al 1987;
dal 9 luglio 1986 al 29 luglio 1987 è Commissario Straordinario della FIGC;
è presidente della Lega Nazionale Professionisti dal 21 febbraio 1997 al 28 dicembre 2001;
dal 28 dicembre 2001 è Presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio.
A tutto ciò vanno aggiunti tre mandati di Ministro e quattro anni da Sindaco di Roma…insomma non propriamente l'ultimo arrivato!
In tutto ciò, mentre Lucianone ed un'altra decina di personaggi decidono le sorti del calcio, Carraro che fa? Dice di non saperne nulla, tuttavia, ad esempio, diventa presidente di Mediocredito, scatola di Capitalia di patron Geronzi che, come dimostrato, controlla società ed affari di mercato, oltre, naturalmente, alle iscrizioni ai campionati,determinate da chi? Ma dalla Federazione, presieduta da Carraro.
Intanto giova ricordare che Geronzi ha due figlie e mentre una, Chiara, prima di diventare l'attuale conduttrice di telegiornali Mediaset, fa parte, come visto della scuderia Gea, l'altra, Benedetta, cosa fa?
Ma è ovvio…è una delle principali collaboratrici di Carraro in FIGC!
Intanto, sempre di più, se prendi allenatore Gea e, quindi, molti giocatori Gea è assai più facile che ti salvi, e magari gli arbitri ti guardano con occhio diverso e la cosa è diffusa nei discorsi di tutti, tifosi compresi.
E' l'ottobre del 2002, ad esempio, e Giancarlo Dotto, su espressonline.it scrive:
"Il conflitto d'interessi è devastante. Forse non altera i risultati ma di sicuro inquina, attizza sospetti, semina veleni. Cosa debbono pensare dirigenti e tifosi retrocessi di Napoli e Reggina quando il Verona si salva a Parma, nel 2001, grazie al raptus di Benarrivo che s'avventa come un caterpillar sull'innocuo Mutu ai limiti dell'area? Quel Benarrivo, micidiale coincidenza, legato a Pastorello, figlio del presidente del Verona e collaboratore di Gea?
O quelli della Fiorentina, più estinti che retrocessi, quando si ritrovano in panchina un Mancini miracolato da una deroga che non sta né in cielo né in terra, ma voluta dal presidente del Coni Petrucci su richiesta di Geronzi, tifoso laziale e amico di Mancini. Uno a cui un favore non si può negare".
E avanti così, anche con le convocazioni in Nazionale, il tutto ad un livello talmente alto da restare sconcertati, altro che indignazione.
C'è un'intercettazione che ha fatto meno rumore delle altre perchè non vede stars e calciatori chiamati in causa, ma è agghiacciante rispetto alla capacità di condizionare livelli elevatissimi dell'organizzazione statuale, altro che non sapere nulla…
Innocenzo Manzini, uno dei più esperti dirigenti federali, a strettissimo contatto con Carraro ed accompagnatore della Nazionale, commenta con Moggi la decisione del Consiglio di Stato (massimo organo della Giustizia Amministrativa ordinaria!!!) di riammettere Como e Viterbese, cancellate dalla FIGC con decreto firmato da Franco Carraro per violazioni amministrative:
Manzini attacca: "E sai chi era il Presidente della sezione del Consiglio di Stato? Frascione".
Moggi risponde:"Eh questo se non lo facciamo fuori!"
Manzini ribatte: "Ma l'avete sempre difeso voi"
Moggi ribadisce: "Se non lo facciamo diventa un casino"
Manzini chiosa: "Ma come si fa a tenere Frascione"
Scopriamo, quindi, che Moggi sollecita Manzini, quindi la FIGC, a "fare fuori" un alto Magistrato di questa sgangherata Repubblica e che, ancora più grave, Manzini rimproveri a Moggi di essere stati "voi" (Moggi e chi altri?) ad averlo difeso.
Una bella carriera, per "paletta" (come è soprannominato Moggi in ossequio ai suoi trascorsi di ferroviere), non c'è che dire.
Amen.