di Anna Foti – Gli è riconosciuto il merito di aver colto i pregi e i difetti del popolo reggino e di aver decantato questi ultimi, animato da una inconfondibile e sferzante ironia, mai come lamento o invocazione di pietà, ma come monito fermo e impietoso contro l’inettitudine e la pochezza umana universale.
Chistu e’ u paisi aundi si perdi tuttu
Chistu e’ u paisi aundi si perdi tuttu
aundi i fissa sunno megghiu i tia
u paisi i m’incrisciu e mi ‘ndi futtu
e ogni cosa esti fissaria.
Nato a Reggio Calabria nel 1895, dove morì nel 1968, Nicola Giunta è ancora oggi il poeta dialettale tra i più rappresentativi della comunità reggina, dominata poi smarrita, assalita nei decenni da contraddizioni e da speranze disattese. I suoi concittadini furono per lui, al contempo, costante ispirazione e spina conficcata nell’animo, oltre che dimensione esplorativa dell’intero genere umano. La sua poesia e la sua produzione teatrale sono ancora oggi sintesi della saggezza popolare di una terra che non smette di meritare riflessioni e critiche e di invocare rivoluzioni innanzitutto culturali.
‘Nta ‘stu paisi ‘nc’esti sulu ‘a piria,
‘a strufuttenza fissa, a ‘grandi bboria;
n’ta ‘stu paisi cunta sulu a ‘mbiria,
pirciò non sunnu tutti chi cicoria…
Erba nana ed amara, erba pirduta:
senza mâ provi, ‘a ggiùrichi â viruta;
e cca, sarbu a carcunu di ll’affritti,
su’ tutti storti ammanicati ddritti!
Nicola Giunta si affermò anche come drammaturgo. Dopo aver interrotto il liceo a Reggio, alla ricerca della sua vocazione artistica, si trasferì a Napoli per studiare canto e come baritono si esibì nei teatri di Napoli, Roma, Milano, Catania, Reggio Calabria, Londra, coltivando legami di amicizia con artisti e scrittori del calibro di Mascagni, Zaccone, Cilea, Petrolini. Una vita travagliata fu la sua anche per il particolare contesto politico in cui ha vissuto. Pare che, durante il regime fascista, un gruppo di squadristi lo abbia arrestato e che, dopo averlo portato nei pressi di piazza Garibaldi, lo abbia costretto a bere olio di ricino. Le autorità fasciste avrebbero ottenuto solo così una iscrizione al partito, lasciato tre giorni dopo. Divenne antifascista fiero e fece ritorno a Reggio dopo la guerra per ricoprire il posto di direttore della Biblioteca civica. Quello fu un altro periodo fecondo di contatti e amicizie con diversi intellettuali italiani, tra cui Benedetto Croce, Guido Mazzoni, Raffaele Corso e Giuseppe Casalinuovo.
Nella sua produzione letteraria non solo poesie in vernacolo e in lingua, ma anche novelle, romanzi, saggi critici, recensioni, opere teatrali. Di lui il reggino critico letterario e scrittore Antonio Piromalli ebbe a dire che “La formazione di Giunta avvenne sotto l’influenza dei vati Carducci e D’Annunzio e nell’ambiente teatrale e artistico di Napoli: dai primi derivò l’ambizione alla poesia civile, gli acquisti retorici del classicismo; dall’ambiente napoletano l’estrosità e la melica dei suoi versi”.
Suo maestro e grande amico fu un altro poeta dialettale Matteo Paviglianiti (Reggio Calabria 1 maggio 1874 – 11 novembre 1956), le cui ossa, a 60 anni dalla morte, sono state trasferite in un ossuario del cimitero di Condera proprio ieri. Barbiere autodidatta, fu tra gli otto fondatori del Partito Socialista di Reggio Calabria; nel salotto del suo salone di via Aspromonte 10, riuniva poeti e scrittori del tempo come Franco Saccà, Domenico Martino, Giuseppe Morabito, Gaetano Cingari, i due professori, cugini, Francesco De Stefano (detto Ciccio barbitta) e Domenico De Stefano. Anche due delle sue pubblicazioni sono conservate alla biblioteca comunale De Nava di Reggio: “U specchiu d’a vita” (1938) e “Lacrimi”(1933).
Dopo la morte di Nicola Giunta, i suoi scritti furono consegnati alla Biblioteca Civica di Reggio Calabria e, con l’aiuto del poeta dialettale reggino e amico di Nicola Giunta, Giuseppe Ginestra catalogati e ancora oggi conservati e fruibili.
Nel 2011 Città del sole edizione ha rieditato la raccolta curata dal circolo culturale Rhegium Julli e dallo stesso Giuseppe Ginestra nel 1995, dal titolo “Poesie e favole dialettali”.
Bibliografia (da wikipedia)
• Nicola Giunta, Reghion (1946), Edizioni Giuli Reggio Calabria, 1946, prima edizione; raccolta di poesie in italiano dedicate a Reggio Calabria
• Nicola Giunta, Fauliata (1946), Rhegium Julii Reggio Calabria, 1986
• Nicola Giunta, “Poesie dialettali”, Antologia a cura di Antonio Piromalli (seconda edizione con aggiunte), Gangemi Editore, Roma, 1995, ISBN 88-7448-613-8
• Intervento sul numero dedicato a Vittorio Butera della rivista “Scrittori calabresi” – Pag. 36 – gennaio/aprile 1956;
• Nicola Giunta, prefazione al libro di Raffaele Sammarco Poesie Edizioni Febea Reggio di Calabria 1956
Critica:
• AA.VV., “Nicola Giunta, l’uomo, l’opera”, a cura dell’Amministrazione comunale di Reggio Calabria, 1980.
• M. Chiesa e G. Tesio, “Le parole di legno. Poesie in dialetto del Novecento italiano”, Milano, 1958;
• “Poesia dialettale dal Rinascimento ad oggi”, edito da G. Spagnoletti e C. Viviani.
• Antonio Piromalli, “La letteratura calabrese”, Pellegrini Editore, Cosenza, 1996, Vol. 2, pag. 165 – 174;