La scogliera nelle immediate adicenze delle riva, ci offre l’occasione per conoscere più da vicino un suo onnipresente inquilino, il Ghiozzo.
Habitat: Ghiozzo, famiglia dei Gobidi, vanta più
di 200 sottofamiglie in giro per i mari del mondo, dai tropici ai vicini limiti dei mari del nord, sino in Baltico, questo a motivo della sua estrema adattabilità ad ogni condizione marina, solo per curiosità, alcune specie abitano persino le caverne sottomarine.
Il mediterraneo conta la presenza di diverse specie diffuse lungo tutte le sue coste, in Italia la sua presenza abbonda nell’adriatico ed in prossimità delle isole, un po’ meno lungo lo ionio ed il tirreno. Da un capo all’altro dello stivale questo pesce si fregia dei nomi più vari, ghiggiun, mugno, guatto, buatta, maccarrone, baette, sassarolo, fuggione, lungo il delta del Po pretendono di classificarlo tecnicamente nel comune italiano come ghiozzo padano, ma sotto questo nome si accomunano diverse sottospecie anche molto differenti tra loro. Ad ogni modo, possiamo parzialmente affermare che le più diffuse e vicine a noi sono lo Zostepisessor martensii ephiocephalus, più semplicemente ghiozzo go o paganello, il più comune, e il Gobius Nigricans, ovvero il ghiozzo nero, che comunque hanno aspetto ed abitudini di vita quasi identiche. Per noi abitanti dello stretto, è semplicemente il Mazzone.
Pur essendo presente a latitudini gelide, il trend di questo pesce è quello di abitare le acque temperate, non disdegna le immediate prossimità di lagune e corsi d’acqua dolce (ecco il perché della sua numerosa presenza nelle acque padane), ama le distese ricche di alghe ed i fondali sabbiosi con abbondante presenza di sedimento in sospensione, specie nel caso del ghiozzo go, ed è presente sempre entro un raggio di 60-70 mt di fondale, non di più.
Dalle nostre parti, tali condizioni di fondale non sono quasi mai presenti, di conseguenza, le abitudini dei mazzoni locali cambiano, quindi nello stretto lo si potrà trovare a riva, tra i 10 ed i 15 mt, sotto qualche roccia, o ben infossato in una distesa tra sabbia e ghiaia. Un numero notevolissimo abita i fondali del lido cittadino.
E’ una specie bentonica, contraria alla pelagica, tranne qualche specie di piccole dimensioni come il Rossetto o il Ghiozzetto cristallino, non vive mai in acque libere, ma esclusivamente a stretto contatto con le rive ed i massi. Ragione a conferma del dato, ci viene fornita dal fatto che questo pesce non possiede vescica natatoria, non gli sono permessi quindi lunghi spostamenti, del resto trascorre molta parte della sua breve esistenza (dopo i lunghi cicli di accoppiamento, in genere, gli adulti muoiono), intanato nelle cavità sommerse. Per tale motivo non supera mai i 25-30 cm di lunghezza né il chilo di peso, ( nelle acque filippine vive una specie, Pandaka Pygmaea, che è lunga solo pochi millimetri) e crescendo sviluppa, (specie il maschio), un forte senso di territorialità nei confronti della tana, che difende rabbiosamente da intrusi e suoi simili, emettendo suoni minacciosi dallo sfregamento delle mandibole. Il Gobius Cruentatus, riconoscibile perché rosso, addirittura gonfia il corpo, che appare amaranto, e inizia una danza rituale per allontanare i curiosi.
La fisionomia è cilindrica, di colore che varia a seconda del perido degli amori, della salinità dell’acqua, dell’età dell’animale, dal bruno chiaro al verdastro, al verde pisello con sfumature di giallo fino al nero intenso, con diverse macchie e strisce lungo i fianchi di tonalità più scure.
Da una testa tozza, larga e compressa, con guance rigonfie e grosse labbra munite di piccoli denti conici, compaiono due grossi occhi rivolti verso l’alto, che sono l’unica cosa che vediamo del mazzone quando, ad esempio, è insabbiato.
Le pinne dorsali possiedono una serie di raggi spinosi, interrotti, lunghi e flessibili, che nei maschi finiscono a filamento. Altra caratteristica sono le pinne ventrali, che saldate l’una con l’altra vanno a formare un’unica pelvica come un disco adesivo, una specie di ventosa con cui i ghiozzi si attaccano alla roccia.
Si riproducono nella tarda primavera, quando il maschio, posto fuori della propria tana, invita con danze le femmine a deporre le uova in essa, queste le depongono a testa in giù, sotto gli archi e le volte delle roccia attaccandole con una mucosa colloidale, una volta che ciò avviene, lo stesso maschio le feconda, proteggendole sin dopo la schiusa (5-6 giorni dopo), e detergendole ed ossigenandole tramite la produzione di una secrezione germicida.
Durante la stagione degli amori, potremo riconoscere gli esemplari maschi, per la tipica tendenza ad inscurirsi notevolmente, al contrario delle femmine che rimangono sempre dalle sfumature più chiare.
In cucina: non è molto amato, quindi mai incontrato in pescheria, per vari motivi, tra cui le sue piccole dimensioni, la viscidità del suo corpo ricoperto da una mucosa, le sue carni grasse.
Tuttavia è comunque commestibile, i piccoli esemplari sono molto buoni fritti o a condimento di brodi e zuppe, in quanto i ghiozzi sono di carne bianca e delicata.
Nel caso invece dovessimo avere tra le mani un mazzone d’un chilo, sarà bene cucinarlo da solo in umido con pomodori ed olive ad esempio. Se scaldiamo un filo d’olio in un tegame, e ci ricaviamo un letto di pomodorini a pezzi, olive nere snocciolate, capperi, sale, peperoncino, origano, aglio, lasciando riscaldare il tutto a fuoco vivo per cinque minuti, subito dopo potremo adagiargli sopra il nostro mazzone, ben pulito, deliscato e lavato, abbassando la fiamma fino a cottura del pesce, che serviremo con una spolverata di prezzemolo trito. Sarà un modo semplice e saporito per gustarlo.
Tecniche di pesca: Anche in questo caso, siamo di fronte ad una di quelle prede che si autopreda letteralmente, diventando spesso solo un fastidio per i pescatori sportivi. In quanto i ghiozzi si nutrono di qualunque verme, mollusco, gambero, micropesce che sia, ed abitando lungo tutte le coste, spesso abboccheranno alle nostre lenze, anche quando siamo concentrati, con esche particolari, ad insidiare altre preziose prede.
In apnea, viste le scarse dimensioni dei mazzoni, possiamo davvero evitarli, anche per la totale assenza di sportività che questa specie, immobile sul fondo, ci suggerisce.
Vittorio Renzelli.