di Enzo Vitale* – Quanto sta accadendo all’interno del Pdl reggino, nel cui merito non pensiamo di addentrarci con queste note, come anche ciò che avviene nel Pd, è la conseguenza più o meno diretta del nuovo modello di lotta politica che si è affermato in Italia col
berlusconismo: supinamente accettato come unico possibile nella seconda Repubblica, sia a destra che a sinistra, poggia sulla personalizzazione del messaggio e del confronto politico. La degenerazione di questo sistema moderno e “americano” è che, alla fine, si pone più attenzione alle persone e ai loro reciproci rapporti di quanto non se ne ponga per le loro idee, quando vi sono, e per la loro visione del bene comune, quando presente.
Conoscendo personalmente e intrattenendo cordiali rapporti di amicizia con quasi tutti gli attori della querelle; e non avendo, inoltre, su questa elementi per giudicare che non siano quelli riscontrabili sui media; mi risulta difficile esprimere un’opinione che sia sufficientemente oggettiva e analiticamente articolata. Ciononostante, sento il dovere di esprimere il mio profondo disappunto per ciò che sta accadendo e per le ragioni che ritengo siano a monte di tutto.
Un’amministrazione cittadina può anche andare in crisi quando sia in gioco una diversa visione del futuro della città. È giusto e corretto che sia così: si è a disagio per la crisi, si paga il suo costo, si soffre per la lotta politica; ma sono disagi e sofferenze che il cittadino accetta più che subisce avendo la consapevolezza di assistere a una lotta tra visioni collidenti del bene comune.
Di tutto ciò nello scontro odierno non v’è traccia: non ci sono idee diverse da quella “idea di città” che Giuseppe Scopelliti ha tratteggiato in questi anni; non ci sono modi nuovi di interpretarla né mezzi innovativi di sua attualizzazione; non vi sono nemmeno uomini nuovi, perché sono sempre gli stessi, attori di un’unanime approvazione di tutto quanto fatto da loro stessi in questi ultimi anni.
E allora perché la crisi? È possibile che si metta in ginocchio una città per una lotta di potere tutta interna alle due anime del Pdl, FI e AN? È possibile che si vada verso un commissariamento del comune solo perché Giuseppe Raffa ha revocato gli incarichi a Franco Zoccali e Pasquale Melissari? È credibile tutto ciò? È credibile che tutta la querelle si riduca a miserabili problemi di paghe e visibilità?
È possibile che la causa di questa crisi, che potrebbe mettere a repentaglio quanto costruito in questi anni, non sia frutto di un confronto di idee e di un diverso modo di intendere il bene comune ma sia solo una questione di personalismi e miserrime questioni di bassi interessi? Tutto sembra svolgersi con sullo sfondo beghe personali; tutto sembra ruotare intorno a interessi che ben poco hanno in comune con quelli della città.
Non v’è che sperare che in questo magmatico divenire ponga ordine il coordinatore regionale del Pdl, il governatore Giuseppe Scopelliti. Di cui, in chiusura di queste brevi dolenti note, riporto il pensiero così come riportato nel libro-intervista “Un’idea di città”, da me curato, a proposito dei commissariamenti comunali.
“Il Commissario fu solo un ottimo ragioniere ed ebbe tutti i difetti dei Commissari, che uccidono l’anima di una città: perché non hanno una filosofia che non sia quella dei conti, di far quadrare il bilancio. Il resto non gli interessa, anche perché non fa parte dei loro compiti. Ciccio Franco una volta disse in aula consiliare che “il peggiore dei sindaci è comunque migliore del più bravo dei commissari”. È un’indiscutibile verità.” Questo, fino a prova contraria, il pensiero di Giuseppe Scopelliti.
*Coordinatore laboratorio politico Città Libera