di Teodora Malavenda – È il 2001 e si presenta sulla scena indie-rock italiana la band toscana The Zen Circus. Solo qualche anno dopo l’esordio della formazione attuale con Appino alla voce, Ufo alla chitarra e Karim alla batteria. L’album è intitolato “Doctor Seduction”.
Sin dall’inizio, caratterizzati da un approccio al panorama musicale con testi cantati in inglese e musiche dal sapore punk/folk. Più volte paragonati agli statunitensi Violent Femmes, si ritrovano un po’ per destino ma soprattutto per bravura, a fare loro da gruppo spalla in occasione di una data bolognese. Ed è proprio in questa serata che Brian Ritchie, storico bassista del gruppo, si propone come produttore del loro prossimo lavoro discografico.
2008: nasce “Villa Inferno”. Tredici tracce di cui due in italiano, cento live tra Italia, Europa e Australia, collaborazioni internazionali con nomi del calibro di Kim e Kelley Deal (Pixies, Breeders), Jerry Harrison (Talking Heads) e la presenza live dello stesso Brian come quarto componente della band.
L’anno successivo è la volta di “Andate tutti Affanculo”, un lavoro ampiamente apprezzato dalla critica tanto da essere definito come uno dei migliori dischi dell’anno e ai P.I.M.I. vince il premio come miglior tour. Non c’è dubbio, il successo è più che consolidato.
I testi, per la prima volta, tutti in italiano, descrivono l’Italia degli anni 2000, con un linguaggio sprezzante e carico di invettiva.
Il 5 gennaio scorso è l’inizio di un nuovo capitolo per la storia dei The Zen Circus. Si ritirano a Lari, un paesino medievale alle porte di Pisa, al Sam Studio, per dare inizio alle registrazioni di “Nati per subire”, in uscita il prossimo autunno.
Li abbiamo raggiunti telefonicamente in tarda serata e alle nostre domande ha risposto la voce di Ufo.
Parliamo subito del vostro prossimo disco “Nati per subire” in uscita in autunno. Puoi darci qualche anticipazione?
La novità più grossa è che si tratta di un disco nuovo (ride…). Ci sono al vaglio una dozzina di pezzi in italiano, abbiamo già messo giù le basi e finito di registrare batteria e bassi. Naturalmente molte cose potranno cambiare in corso d’opera. Anche per questo disco ci saranno delle valide collaborazioni come Enrico Gabrielli, polistrumentista nei Mariposa e nei Calibro 35, Alessandro Fiori anche lui nei Mariposa, il nostro amico Giorgio Canali e poi vedremo…
Passiamo al disco attuale. “Andate tutti affanculo”, come voi stessi in qualche occasione avete detto, è l’apoteosi del qualunquismo. Un “insulto” all’Italia di oggi e agli italiani (nessuna eccezione contemplata). Non si rischia di generalizzare e di non porre la giusta attenzione sui mali che logorano la nazione? Perché no un vaffanculo diretto a Berlusconi, piuttosto che a Vendola o a Bersani?
Perché porre la questione sul piano evocativo sarebbe stato molto più banale di quanto si possa credere. Gli italiani sono un popolo generalista e se noi avessimo fatto come certi gruppi impegnati, il messaggio non avrebbe avuto la stessa valenza. Usare il linguaggio dei qualunquisti indica un sovvertimento “del sentire comune”. Il messaggio trasmesso in maniera trasversale è più tagliente e lo sbeffeggio, ti garantisco, è più compiuto.
Avete fatto numerosi concerti sbarcando anche in Australia. Cosa ha di diverso il pubblico italiano da quello estero?
Il pubblico italiano tende ad essere abbastanza omogeneo e soprattutto più contenuto, pudico. In Australia abbiamo visto scene insolite, da rimanere sgomenti. Ai concerti trovi intere famiglie con bambini in prima fila, mamme (e che mamme…) che ballano in seconda fila, poi i babbi e infine i nonni. Una situazione simile qui non la vedremo mai. Durante i live gli italiani non tirerebbero fuori le coperte, i panini e soprattutto non ballerebbero mai con l’hula hop… perché lì succede anche questo. Gli australiani sono ancorati agli anni ’60, basta vedere i bimbi scalzi con i capelli lunghi e i genitori con i gilet frangettati. Tutt’altra roba.
Che musica ascoltate?
Musicalmente veniamo da background diversi, un misto di noise, metal, indie… Ma comunque siamo onnivori. Personalmente sono un grandissimo fan di Iannacci e del grande Ivan Graziani, a mio avviso, un genio sottovalutato. Gli anni zero, al contrario di quello che dice Vasco Rossi, hanno molto da raccontare. C’è tanta bella musica per tutti i gusti e se ti facessi una lista staremmo a discutere tutta la notte. Mi vengono in mente gli Artemoltobuffa, il tuo compaesano Dario Brunori, Dente, gli Zu, il Pan Del Diavolo, i Mariposa, i Toy Orchestra, gli Atari, l’inossidabile Federico Fiumani… e molti altri.
Sanremo!! Vi vedremo mai sul palco dell’Ariston? Non faccio nomi, ma ho sentito gruppi che hanno negato categoricamente l’eventualità, ma poi alla prima occasione si sono catapultati.
Qui si apre un terreno sterminato perché hai fatto la domanda a uno che non ha la televisione da 13 anni quindi anche se ci andassi non mi potrei vedere. Il linguaggio televisivo non mi è per nulla congeniale. Ho partecipato un paio di volte a MTV e a AllMusic e mi è bastato. E anche se Sanremo venisse fatto a porte chiuse non mi interesserebbe lo stesso. Magari al mio posto manderei un’effigie di cartone, fermo restando che l’operazione fatta dagli Afterhours due anni fa con la compilation Il paese è reale, è stata da noi supportata con convinzione. Quello era un messaggio ben preciso che si proponeva di far sapere ad un pubblico molto più vasto che dietro la macchina festivaliera, c’è anche una scena musicale parallela, ugualmente fertile e ricchissima di talento.
Qual è l’aspetto più goliardico del vostro lavoro e quale quello più noioso?
L’aspetto più goliardico sono i petardi che ci lanciamo addosso da un anno e mezzo e che fanno da coreografia ai nostri concerti. È una storia buffa che andrebbe vissuta e che nasce ad un concerto a San Benedetto del Tronto, durante il quale alcuni ragazzi cercavano di far esplodere una bomba Maradona. Invece l’aspetto più antipatico è l’autogrill. Anzi propongo una legge per la sua abolizione.
Parliamo di cinema. Qual è l’ultimo film che hai visto? E il tuo regista preferito?
L’ultimo film è Intolerance di David Wark Griffith, una storia pazzesca. Per quanto riguarda i registi ti faccio il nome di Tati per l’aspetto emotivo e di Kubrick per l’ingegno.
Le colpe che ti ispirano maggiore indulgenza?
Questa è proprio una gran bella domanda (ride…) e ti confesso che mi ha preso in contropiede. Forse sono indulgente con chi ha tanto amato e con chi se la spassa….