di Damiano Praticò – E’ il punto su cui coloro che dicono no alla Centrale a carbone di Saline Joniche premono maggiormente: il fattore inquinante.
L’ambiente e la salute, prima di tutto.
Una cosa è indiscutibile: al di fuori da ogni partigianeria, la Centrale a carbone di Saline Joniche non può non avere un impatto: non è possibile ipotizzare che esista qualsiasi opera (sia un’autostrada, un ponte, un ospedale o un asilo) la cui realizzazione non produca degli effetti all’esterno.
Questo concetto vale in particolare per un’opera come una centrale elettrica a carbone di ultima generazione: lo sanno bene le aziende che costituiscono la società di progetto SEI S.p.A.
Allo stesso modo queste aziende sono consapevoli, loro stesse, che il ‘carbone pulito’ non esiste: è più una traduzione maldestra dall’espressione inglese “clan coal tecnologies” che significa in realtà tecnologie pulite del carbone.
Ma il tutto non si esaurisce qui. La domanda più appropriata è: quanto inquina la centrale di Saline?
Visto che le centrali a carbone, seppure inquinanti, non sono illegali (!) dovranno pur esserci determinati parametri di legge, in materia di emissioni, ai quali una centrale deve attenersi.
Il progetto ideato da SEI rispetta tali criteri?
Strill.it, in questa quarta tappa dedicata alla Centrale a carbone di Saline, dopo aver focalizzato l’iter autorizzativo del progetto, sui soggetti attuatori e, soprattutto, sul progetto industriale ed architettonico, analizzerà, nel dettaglio, le emissioni della ipotetica futura Centrale.
Emissioni da suddividere, prima di tutto, in climalteranti, cioè dannose perché all’origine dei cambiamenti climatici (principalmente il riscaldamento globale) ma non all’uomo, ed inquinanti, nocive per entrambi.
EMISSIONI CLIMALTERANTI
L’anidride carbonica (CO2) prodotta dalla Centrale è pari a circa 8 milioni di tonnellate per anno. Sappiamo, con ragionevole certezza, che l’anidride carbonica contribuisce a trattenere nell’atmosfera un certo tipo di radiazioni solari che normalmente sono fondamentali per la vita sul nostro pianeta ma che in quantità eccessive possono contribuire al surriscaldamento globale. Per disciplinare l’emissione di CO2 di origine antropica il settore della generazione termoelettrica è stato il primo, ed al momento rimane uno dei pochi, ad essere regolato da una severa normativa internazionale alla cui base c’è il famoso protocollo di Kyoto. Questa normativa si basa su un semplice principio: tutta l’anidride carbonico emessa di un impianto europeo (oppure di un paese che ha aderito al protocollo di Kyoto, come la Russia) deve compensare ogni singola tonnellata di CO2 emessa acquistando dei permessi di emissione. Questi permessi hanno un costo variabile in funzione della domanda, come per qualsiasi titolo quotato in borsa. Acquistando un permesso per l’emissione di una tonnellata di anidride carbonica si finanziano interventi, su scala mondiale, in grado di annullare quell’emissione attraverso, ad esempio, il rimboschimento di aree nel sud America (vedi esempio fatto da Strill.it nel secondo approfondimento sulla centrale di Saline). In altre parole – afferma Sei – si può dire che il contributo di qualsiasi centrale termoelettrica sottoposta a questa regolamentazione non contribuisce in alcun modo ai cambiamenti climatici perché quanto emesso viene annullato dal primo all’ultimo grammo.
La centrale SEI dovrà per legge, pena sanzioni molto pesanti, rispettare questa normativa ed annullare ogni molecola di CO2 prodotta.
Esiste peró un elemento innovativo nella Centrale SEI: i progettisti – specifica l’azienda – la hanno immaginata tenendo in grande considerazione una nuova tecnologia su cui l’Unione Europea sta scommettendo molto, la Cattura della CO2. Si tratta di una tecnologia che permette di catturare e comprimere la CO2 liberata da grandi impianti industriali per poi iniettarla sottoterra, in siti specifici dove, con il passare degli anni, diventa un minerale. La cattura e lo stoccaggio dell’anidride carbonica (CCS) è tecnologicamente sicura (viene utilizzata nel mare del nord da più di 10 anni) ma presenta ancora problemi sotto il profilo della fattibilità economica. Di sicuro ne sentiremo ancora parlare visto che la stessa Agenzia Internazionale dell’Energia dice che nel 2050 più del 20% della riduzione dei gas effetto serra verra realizzata tramite CCS: per una volta la Calabria potrebbe trovarsi già pronta rispetta a questo scenario.
EMISSIONI INQUINANTI
Le emissioni inquinanti provengono da molteplici fattori. La centrale a carbone produce monossido di carbonio, ossido di zolfo, ossido di azoto e polveri; sono questi i quattro elementi che costituiscono le emissioni nocive.
Progetto Sei afferma che le emissioni della Centrale di Saline rispetteranno i criteri imposti dalla legge nell’ordine della metà dei limiti massimi prefissati.
Tali emissioni – chiarisce Sei – si riferiscono a quanto rilevato a “bocca di centrale”, ossia alla ciminiera, ma vanno considerate che le emissioni che si registreranno a terra saranno notevolmente inferiori non solo per il normale effetto di dispersione (ragion per cui si realizzano camini molto alti, quello SEI è di oltre 180 metri) ma anche per una caratteristica specifica del sito di Saline: a causa della sua posizione e morfologia l’area della ex liquichimica risulta particolarmente ventosa grazie a delle correnti che spirano da terra verso mare.
Fin qui le risposte – indirette – di Sei alle critiche relative all’impatto ambientale.
Che vento tirerà invece, da qui ai prossimi mesi, sul progetto di Saline Joniche non è ancora chiaro, a cominciare dalle posizioni formali dei Sindaci del territorio che, prima o poi, dovranno ufficialmente schierarsi.
(4 – continua)