“Inappropriata, carente e viziata da errori grossolani”. Così Legambiente, Lipu e WWF calabresi hanno definitola Valutazione d’Incidenza, la VINCA messa a punto dalla Regione Calabria per le aree ricadenti nella rete Natura 2000 dopo l’ordinanza del Tar dello scorso settembre che ha portato alla sospensione dell’attività venatoria su una ampia parte del territorio regionale.
E su questo giudizio, anche se per motivi sicuramente diversi, ci troviamo concordi. E aggiungiamo anche inaccettabilmente penalizzante per i cacciatori calabresi, che dopo un mese di mancata attività con grave danno anche economico, si trovano invece di una soluzione al problema una serie di vincoli immotivati che una volta introdotti resterebbero sulle loro spalle in maniera definitiva.
Una “soluzione” che sa di presa in giro e fa sorgere il legittimo sospetto che a guidarla ci sia la volontà di sfruttare l’occasione per sottrarre altro territorio cacciabile in una regione che già vede superata abbondantemente la percentuale di aree protette fissate dalle normativa nazionale e regionale.
Pur dando atto all’Assessore Gallo e al Dipartimento Agricoltura Ufficio Caccia – con i quali in questo mese abbiamo collaborato, come avvenuto anche in passato, come Coordinamento Regionale delle Associazioni Venatorie soprattutto con l’ausilio dei tecnici dell’Ufficio studi e ricerche nazionale di Federcaccia – di aver profuso il proprio impegno alla ricerca di una soluzione, quanto decretato e in attesa di essere votato in Giunta, non è accettabile.
Riteniamo infatti ingiustificato il divieto di utilizzo delle cartucce contenenti pallini di piombo nelle ZSC Fiumara Saracena, Fiumara Avena, Fiumara Trionto, Casoni di Sibari, Fiumara Melito, Monte Fuscaldo, Murge di Strongoli, Madama Lucrezia, Valle Moio, Monte Scrisi perché oltre a non essere dimostrato alcun effetto negativo del piombo su uccelli diversi dagli acquatici, il suo divieto è previsto solo nelle zone umide, anche per le ZPS.
Assurdo il divieto dell’impiego dei cani da caccia nelle stesse ZSC dal momento che non sono presenti specie che possano risentirne negativamente. Questo provvedimento rende inoltre di fatto abolita la caccia al cinghiale esercitata nella forma tradizionale della braccata, facendo aumentare a dismisura i danni arrecati sul territorio da questo selvatico. Vale la pena ricordare che solo pochi giorni fa la stessa ISPRA per bocca del Dott. Piero Genovesi ha ammesso essere al momento il prelievo del cinghiale l’unica modalità valida a limitarne in modo concreto numero e danni. Un problema non certo risolvibile pensando di affidarsi al prelievo selettivo, forma di caccia in cui peraltro l’impiego del cane da sangue avviene sovente per ritrovare i capi non rimasti sul posto dopo lo sparo.
E altro ancora ci sarebbe da elencare…
Chiediamo dunque con forza alle Istituzioni responsabili una serie di correzioni al testo proposto prima del suo voto in Giunta, ritenendo l’attuale – lo ripetiamo ancora una volta – inaccettabile, privo di motivazioni tecnico scientifiche che lo sostengano e pesantemente punitivo per una significativa parte della popolazione calabrese.