di Grazia Candido (foto Antonio Sollazzo) – “Dovremmo scrivere tutti più lettere possibile, è un’arte in estinzione”, lasciarci andare e mettere nero su bianco le emozioni che temiamo di più tirando fuori da quel nulla che si è capito della vita tutto il resto.
Con un magnifico gioco d’amore, un’opera senza tempo che descrive amicizia, passione, paura, tormenti, si apre la XXXIV edizione del rinomato festival Catona Teatro della Polis Cultura, dove in una gremita arena “Alberto Neri”, ieri sera, la coppia Raoul Bova e Rocío Muñoz Morales ha fatto sognare e riflettere con la prima nazionale di “Love letters”, una commedia costruita su un intenso rapporto epistolare tra un uomo e una donna.
L’opera di A.R. Gurney messa in scena per la prima volta nel 1988, vede protagonisti Andy e Melina, due anime diverse, belle e complesse, fragili e allo stesso tempo, forti che si scrivono per tutta la vita rincorrendosi, amandosi, detestandosi, sfuggendosi, perdendosi di vista ma sempre avendo bisogno l’uno dell’altro.
Col tempo, le loro vite prendono vie diverse ma il carteggio continua a mantenere vivo il loro legame che durerà per tutta la vita. Raoul, il “diamante grezzo” nei panni di Andy è sicuro di sé sul palco, si cala perfettamente nel ruolo di quell’uomo riflessivo che mostra come lo scrivere non è altro che prendere l’impronta dell’anima.
Rocío invece, seducente e delicata Melina, sfoggia la sua disinvoltura nel vestire i panni di una ragazza di famiglia ricca, vivace e dispettosa, ma tanto fragile e triste di non aver avuto una famiglia bella ed unita come quella di Andy.
In scena, due scrivanie, lettere appese che scendono sul pavimento e un tendone candido simbolo di quell’anima bianca che diventa nera come l’inchiostro e che quando la vedi lì esposta, la riconosci, la leggi, la guardi e, poi, la regali.
Attraverso un toccante ed ironico carteggio epistolare, si dipana il percorso della loro esistenza e di 50 anni di storia americana, dall’infanzia sino alla vecchiaia dei due protagonisti.
L’amore di Andy e Melina è come un gioco, il mondo di Oz, l’unico posto dove Melina sta bene, lontana da un patrigno che la infastidisce a letto e da una mamma disattenta ed ubriaca. I due si scrivono, si raccontano, si confessano, litigano anche per gelosia, si allontanano ma si ritrovano sempre e, sulle note di “Somewhere Over the Rainbow”, si riuniscono oltre l’arcobaleno ritrovando la loro pace.
La distanza, vite diverse, sogni diversi li separano di nuovo e la scrittura per Melina diventa un peso mentre per Andy è un sollievo, un modo per restare umano, vivo, il suo ossigeno che alimenta l’amore.
“Devi avere più fiducia nella tua scrittura” – dice Andy a Melina che vorrebbe sostituire la carta con il telefono – Quando prendo in mano una penna sembra che tutto abbia una forma: amo scrivere lettere, mi sento un vero amante quando ti scrivo. È il mio modo di concedermi a te da lontano, la bellezza di queste lettere è che puoi leggermi oggi o domani finché tu vorrai, fino alla morte”.
“Ci aspettavamo qualcosa di diverso da quello che c’era – ribatte Melina dopo il weekend trascorso con l’amico amato – Ci conosciamo di più dalle lettere e queste lettere ci hanno fatto diventare quello che non siamo: mancava la vera me e il vero te”.
La depressione, l’alcool, scelte di vita sbagliata, distanze geografiche allontanano quei corpi ma non i cuori, sempre lì a battere per quell’amore così dolce e tormentato.
Se solo Andy e Melina avessero avuto il coraggio di amarsi, se si fossero mossi nella stessa direzione della vita, se avessero dato seguito e lottato contro tutto e tutti al contenuto di quelle lettere che hanno dato ad entrambi qualcosa di unico e prezioso, forse, Melina non si sarebbe lasciata andare ed Andy non avrebbe affidato la sua dolcissima dichiarazione d’amore all’ultima lettera di addio.
E a quell’ultima lettera indirizzata alla madre della sua amata, Andy confida il suo grande amore, i suoi sentimenti per paura che si perda il ricordo della vita della donna che ha riempito il suo cuore, la sua mente, il suo corpo. Sa bene che non c’è dolore più grande che portare una storia non raccontata dentro di sé e che quei rozzi geroglifici cesellati nella sofferenza e nel dolore, spesso, fanno sfuggire la follia, la malinconia, il tormento e dimostrano che solo un amore impossibile può essere eterno.
Nemmeno la morte però, può togliere la certezza che per ognuno di noi, da qualche parte c’è un posto in cui poter stare bene e felici come nel luogo magico di Oz dove tutti un giorno, conquisteremo la certezza che è possibile farcela da soli, raccoglieremo quell’amore impossibile simile ad un fiore nel deserto sempre più forte e bello di tutti gli altri e potremmo giocare finalmente, liberi da ogni turbamento, a “Uno, due, tre stella”. Come Andy e Melina.