di Domenico Grillone – “E’ un grande onore, uno dei momenti più importanti della mia carriera, come medico e ricercatore clinico”. Si esprime così il professore Carmine Zoccali al giornalista del quotidiano delle Asturie “El Comercio” che giorni addietro ha dato la notizia del suo prossimo conferimento, il 22 ottobre, del “Dottorato Honoris Causa” per meriti scientifici da parte di una delle più antiche e prestigiose università spagnole, quella di Oviedo.
Un riconoscimento che inorgoglisce non solo lui ma l’intera città, dal momento che il nefrologo reggino per oltre quarant’anni, oltre a preoccuparsi della salute dei pazienti della Divisione ospedaliera che lo stesso Zoccali ha diretto per decenni, si è costantemente dedicato alla ricerca. Tanto che oggi il ranking internazionale, cioè la graduatoria di merito riguardo le aree di ricerca di cui si occupa, come ad esempio l’insufficienza renale cronica,lo colloca al primo posto, cioè il miglior esperto europeo sul tema. Dietro a questi risultati c’è ovviamente tanto lavoro e tanta passione. Che il professore Zoccali ha costantemente esercitato al Centro Nazionale di Ricerca all’interno dei Riuniti, nelle Università di Palermo, Catania e Messina nel ruolo di “Past Professor”, nei suoi lavori e studi, oltre settecento, pubblicati dalle più importanti riviste scientifiche internazionali. Dal 2014 è presidente della “Società Europea di Nefrologia” ed è membro delle più prestigiose associazioni scientifiche internazionali, come quella americana, che si occupano di nefrologia. Un curriculum enorme, quello di Carmine Zoccali, che abbiamo qui soltanto accennato, ma che da ancora più forza ad un meritato riconoscimento. Il nome del nefrologo reggino sarà infatti aggiunto nell’Albo dell’antico Ateneo delle Asturie, a quello dell’americano James Chan ma anche a quelli di altri italiani illustri come Francesco Tonucci, Enrico Clementi e Alessandro Pace. Nella lunga intervista concessa pochi giorni addietro a “El Comercio”, Zoccali ripercorre proprio i primi passi reggini in ambito medico, riconoscendo la sua scelta di specializzarsi in Nefrologia, lui che voleva diventare neurologo, una casualità. Cioè quando conobbe il professore Quirino Maggiore che nei primi anni 70 organizzò un gruppo di giovani medici per fondare la Divisione di Nefrologia in città. “Fu così, pragmaticamente, che cambiai la mia vocazione”, dichiara il professore reggino al giornalista de ‘El Comercio’ che invece ricorda, tra l’altro, il grande impulso che il professore Zoccali diede a livello internazionale affinché l’insufficienza renale cronica venisse riconosciuta, come infermità non trasmissibile, tra i maggiori fenomeni epidemici degli ultimi decenni. “ E se oggi è considerata in Europa come una reale priorità – sottolinea Zoccali nel corso dell’intervista concessa al quotidiano delle Asturie – è grazie anche alle tante iniziative che abbiamo avviato dal 2005”.
A Zoccali noi di Strill, abbiamo chiesto invece qualcosa che gli ricordasse il tempo trascorso ai Riuniti e del suo gruppo, con il quale lo stesso Professore condivide sempre studi e ricerche. E oggi anche il prestigioso riconoscimento, come lo stesso rivela nel corso della nostra intervista.
“Mantiene sempre una solida collaborazione con l’unità CNR ospitata negli Ospedali Riuniti. Come va questa unità che tanto bene ha fatto in passato?”
“L’unità CNR continua a far molto bene. Al di là degli ‘addetti ai lavori’ tra i quali il centro ha un’alta reputazione, l’importanza del CNR di Reggio è poco conosciuta a livello locale e regionale. Sarebbero necessarie strategie di comunicazione più efficaci per far conoscere quello che il CNR di Reggio Cal fa e i risultati che raggiunge. Nel 2017 i ricercatori dell’unità CNR hanno pubblicato su riviste internazionali 69 lavori scientifici, una produzione della stessa portata di qualificati dipartimenti biomedici di istituzioni accademiche europee di valore. I risultati dell’anno in corso sono sulla stessa linea. Un indizio dello standing internazionale dell’unità è il dottorato honoris causa che riceverò prossimamente dall’Università di Oviedo. Questo traguardo non deve esser visto come il traguardo di una singola persona ma come la realizzazione di un gruppo che ha fatto bene e che continua a far bene. Per la loro dedizione alla ricerca e il loro talento, la professoressa Mallamaci e il dr Tripepi hanno grandi meriti per il raggiungimento di questo traguardo che viene attribuito a me come leader storico del gruppo. La professoressa Mallamaci è stata segnalata dal Corriere della Sera tra le 100 ricercatrici italiane in assoluto (al di là della Medicina) di maggior successo nel 2016 e attualmente è coordinatrice dell’European Cardiovascular and Renal Medicine (EURECAm) working group, un prestigioso working group con oltre 500 investigatori clinici della società European Renal Association. Giovanni Tripepi è considerato un biostatistico epidemiologo tra i maggiori esperti di settore in Europa per quanto attiene le malattie renali ed ha un esteso rapporto di collaborazione con vari gruppi di ricerca anche al di là della nefrologia. Questo è forse il periodo in cui il centro CNR ha maggior risonanza internazionale. Il 26 Settembre ho ricevuto a Hong Kong dalla Società di Nefrologia di Hong Kong e dalla Asian Pacific Society of Nephrology il Richard Yu Endowment Fund Award,un ambito premio che finora è stato attribuito solo a pochi nefrologi. L’Unità CNR di Reggio rimane una perla della ricerca clinica sulle malattie renali in Italia e nel mondo.
Lei ha operato nella sanità Calabrese e agli Ospedali Riuniti per 40 anni, credo. Come vede i problemi sanitari della Regione e della città oggi?
Con una interruzione di quasi due anni (1981-1982) trascorsi al Medical Research Council Blood Pressure Unit alla Western Infirmary di Glasgow, ho lavorato agli Ospedali Riuniti per ben 41 anni. I due anni a Glasgow hanno segnato un cambiamento di passo nella mia crescita professionale. Incidentalmente, negli stessi anni anche due Direttori di grande valore degli Ospedali Riuniti di oggi, la professoressa Mallamaci che dirige la Nefrologia, e il prof Cozzupoli, direttore dell’Urologia e chirurgo del Trapianto Renale, fecero esperienze parallele alla Western Infirmary di Glasgow. Lì il prof Cozzupoli fece il suo primo trapianto di rene in un paziente scozzese mentre la professoressa Mallamaci maturò esperienza sulla clinica del trapianto oltre che condurre vari progetti di ricerca clinica di qualità. Io rimango legatissimo agli Ospedali Riuniti perché lì ho speso le mie energie migliori di giovane e poi maturo clinico.
La sanità Calabrese è indubbiamente in una situazione di sofferenza in quanto paga lo scotto di gravi errori di programmazione e gestione sanitaria che risalgono forse agli anni ’80. Io ora guardo le cose dall’esterno, con lo sguardo di chi ha vissuto e attraversato il magma del sistema sanitario della nostra regione dalla seconda metà degli anni settanta in poi e che è fuori dal sistema. Negli ultimi 3 anni mi pare che i problemi siano stati finalmente affrontati in maniera realistica non rimandando oltre la soluzione delle pesanti difficoltà organizzative e soprattutto finanziarie della sanità regionale. Anche se in questa fase alcuni problemi si sono acuiti, l’uso delle risorse mi pare ora più trasparente e su un percorso virtuoso. Quando si riorganizza e si riallocano le risorse, necessariamente alcuni problemi possono esacerbarsi generando sconcerto e aspre critiche da parte dei pazienti e degli operatori della salute. Tuttavia sono convinto che quello che è stato fatto negli ultimi tre anni produrrà i suoi frutti nei prossimi anni. Vedo segni di miglioramento nel sistema sanitario Calabrese.
Per quanto riguarda il Grande Ospedale Metropolitano di Reggio, come ora si chiama, direi che è innegabile che esso si sia arricchito di nuove eccellenze . Il Grande Ospedale deve assorbire con una forza operativa numericamente quasi immutata un flusso di pazienti che si è moltiplicato per la chiusura di vari Ospedali della provincia di Reggio Calabria e mi pare che lo faccia con crescente efficienza. A questo proposito mi conforta vedere che sia stato ora risolto il problema del riassorbimento dei pazienti in emodialisi reggini che dovevano attraversare lo stretto per esser trattati. Era una situazione molto dolorosa per i pazienti e anche un grande e perdurante cruccio personale perché a suo tempo mi ero speso in ogni modo per proporre soluzioni agli organi decisionali dell’ospedale per risolvere la questione. Il problema risale a improvvide decisioni manageriali locali del 2002-2004, cioè decisioni prese selettivamente a Reggio Calabria ma non negli Ospedali delle altre città della regione, che ignoravano la puntuale programmazione di settore che fino a lì aveva garantito una gestione ottimale della domanda di trattamento dialitico della città. Questo problema era una grande ferita aperta e un offesa per la sanità reggina.