di Grazia Candido – Ha sempre denunciato tutto ciò che non andava nell’azienda sanitaria e non solo, perchè per il sindacalista della Uil Calabria Nuccio Azzarà viene prima la verità, l’onesta, la legalità su quel “resto” che condiziona la nostra società. Con una proclamazione all’unanimità durante il XVI Congresso Territoriale UIL della provincia reggina, dallo scorso marzo (anche se aveva assunto l’incarico ad Aprile 2017 e il passaggio effettivo è stato “consacrato” col momento congressuale), Nuccio è Segretario Confederale di Reggio Calabria per i prossimi quattro anni.
Quali sono le parole d’ordine della Uil Calabria?
“Le parole d’ordine della Uil Calabria sono lavoro e legalità. La visione del nostro sindacato non può essere assolutamente estranea, avulsa dal contesto storico, territoriale, geografico in cui si svolge l’attività. Non possiamo disgiungere la difesa degli interessi dei lavoratori, dall’atteggiamento che dobbiamo avere nei confronti della legalità. La mia storia mostra le numerose denunce che ho fatto nel mondo del lavoro all’autorità giudiziaria e quello che è il malaffare nella sanità. Emeriti magistrati hanno detto per sentenza che sui posti di lavoro anche per tinteggiare una parete, il più delle volte, bisogna chiedere il permesso al capobastone di turno. Se uno vuole fare sindacato in questa città, deve mettere in conto che deve impattare con una realtà che inquina, intossica anche i rapporti del mondo del lavoro. Fino a quando non ci libereremo di questa cosa, non ci sarà un lavoro libero”.
Quindi, il sindacato federale cerca di creare le condizioni affinchè il lavoratore abbia le giuste risposte alle difficoltà che riscontra sul posto di lavoro?
“Il sindacato federale deve avere uno sguardo completo su tutto quello che sono le dinamiche complessive del lavoro, della società quindi, deve tenere assieme tutto il tessuto sociale della città”.
In questi anni, ha denunciato consegnando alla stampa e alle autorità competenti veri dossier su ciò che non andava al Grande Ospedale Metropolitano. Oggi, come sta il nosocomio?
“Io non posso dimenticare che sono dipendente dell’azienda ospedaliera (GOM) e sono legato oltre che da un rapporto sindacale, da un rapporto storico, affettivo. Il mio cruccio è che quando sono entrato a lavorare all’ospedale Riuniti avevamo un’azienda di serie A, un’azienda che su tutto il territorio nazionale aveva invertito il ciclo: non c’era l’immigrazione verso altri ospedali, venivano a curarsi e a farsi operare qui anche da fuori Regione e in alcuni casi, abbiamo avuto pazienti che venivano oltre i confini nazionali. Il nostro ospedale ha avuto primari come il professore Del Vivo, un maestro nella neurochirurgia a livello internazionale, il compianto professor Alberto Neri che ha inventato l’ematologia in Calabria, i professori Caminiti, Maggiore, Santoro e Sicari che era un primario di Massa-Carrara che si spostò a Reggio per operare. Quindi, abbiamo vissuto grandi momenti in questo ospedale e vederlo pian piano, ridotto nelle sua capacità, è un duro colpo al cuore per chi invece, ha lo spirito di collaborazione e vuole migliorare le cose. Nella sanità, i processi generali sono così inquinati dalla politica che anche i migliori direttori generali vengono ingabbiati in situazioni in cui non sono completamente liberi da poter svolgere il proprio mandato. Quindi, di fronte a queste difficoltà, uno collabora, cerca di fare proposte ma quando vede che ci sono chiusure su determinate cose, non rimane altro che denunciare prima pubblicamente. Abbiamo avuto il coraggio di dire la verità ed aprire una finestra sull’ospedale per i cittadini: come sindacato non teniamo solo in considerazione gli interessi dei lavoratori ma ci pregiamo di fare contrattazione sociale ponendo prima gli interessi del cittadino e poi, quelli del lavoratore perché questo è il nostro compito d’istituto. Ormai da tempo, la Uil è il sindacato dei cittadini. Siamo arrivati anche a denunciare situazioni che riguardavano i dipendenti e abbiamo pubblicato una mappa, consegnata all’autorità giudiziaria, di centinaia di dipendenti che erano in debito orario macroscopico. Il lavoro del sindacato non è facile perché deve mettere in conto che quando si fanno determinate denunce, si perdono gli iscritti e poi, quando si va nella direzione di moralizzare l’ambiente di lavoro, quando si prova ad eliminare le cattive abitudini dei lavoratori, il più delle volte nei confronti del sindacato partono intimidazioni”.
Come vede il futuro di Reggio Calabria?
“I reggini soprattutto quelli animati da buone qualità e da buona volontà, dovrebbero cominciare a ragionare fuori da schemi di partito, di convenienza. Dovrebbero cominciare a stringersi attorno ai principali problemi della città e cercare di risolverli assieme mettendo da parte l’atavico individualismo del reggino. Non abbiamo la cultura del lavorare insieme. Nel momento di grandi slanci, lo facciamo ma per distruggere qualcuno e non per creare e costruire. La Uil è a lavoro sui grandi temi che riguardano la città e, soprattutto, la sanità. Mi auguro che lo sforzo di chi nella nostra città ha il coraggio di denunciare e noi lo abbiamo dimostrato, venga compreso fino in fondo da parte anche dell’autorità giudiziaria che ha grandi difficoltà ad entrare a colpire quella che è la criminalità nella Pubblica amministrazione. Un conto è colpire la criminalità pura, la ‘ndrangheta, ma molto più difficile è entrare in quella che è la roccaforte del malaffare impregnata dalla massoneria all’interno dei posti di lavoro. Solo con una grande sinergia tra società civile e magistratura forse, potremo lavorare per cercare di vincere questo male”.