
dal Gup Daniela Oliva. In primis, ovviamente, Luciano Lo Giudice, considerato l’anima imprenditoriale della cosca originaria del rione Santa Caterina, periferia nord della città. Luciano Lo Giudice, già condannato in primo grado a sei anni di reclusione per usura ed estorsione è il fratello del collaboratore di giustizia Nino Lo Giudice, ex capocosca oggi passato dalla parte degli inquirenti. Con lui finiscono a giudizio anche l’esperto d’armi Antonio Cortese, arrestato dalla Polizia al confine, essendo ritenuto il responsabile degli attentati subiti, in tutto il 2010, dalla magistratura reggina: dalla bomba alla Procura Generale di inizio anno, passando per la distruzione del portone dell’abitazione del PG Salvatore Di Landro, fino al ritrovamento di un bazooka a poche centinaia di metri dal Cedir, sede della Procura della Repubblica. Gli altri due elementi di particolare rilievo sono il capitano dei Carabinieri, Saverio Spadaro Tracuzzi, e l’imprenditore Antonino Spanò, considerati dall’accusa i trait d’union tra il clan Lo Giudice e la zona grigia delle istituzioni: il primo, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e di corruzione, è l’ufficiale che avrebbe intrattenuto rapporti troppo confidenziali con Luciano Lo Giudice, il secondo, invece, sarebbe un prestanome di lusso della cosca. All’interno della sua rimessa navale “Nautica Spanò” (secondo gli inquirenti gestita da Lo Giudice stesso) avrebbero ormeggiato per molto tempo le barche di magistrati e appartenenti alle forze dell’ordine.
Gli altri otto imputati rinviati a giudizio al cospetto del Tribunale Penale di Reggio Calabria sono Giuseppe Reliquato, Bruno Stilo, Fortunato Pennestrì, Salvatore Pennestrì, Giuseppe Lo Giudice, Giuseppe Cricrì, Enrico Rocco Arillotta, Antonino Arillotta. A poco sono valse, dunque, le arringhe difensive degli avvocati: il Gup Oliva, dopo una camera di consiglio di qualche ora, ha accolto in pieno le richieste del sostituto procuratore della Dda Beatrice Ronchi, che da anni indaga sugli affari della cosca Lo Giudice e sugli appoggi, anche istituzionali, di cui essa avrebbe beneficiato.
Per i soggetti rinviati a giudizio il processo inizierà il 19 gennaio del 2012. Tra meno di un mese, invece, l’11 ottobre, avrà inizio il processo per coloro i quali avevano già scelto di essere giudicati con il rito abbreviato, che prevede la riduzione di un terzo della pena in caso di condanna. Tra questi i due collaboratori di giustizia Antonino Lo Giudice e Consolato Villani e i presunti affiliati Paolo Sesto Cortese, Giuseppe Perricone, Consolato Romolo, Bruno Stilo e Madalina Turcanu. L’11 ottobre, peraltro, il Gup deciderà anche sui patteggiamenti proposti nelle udienze dell’agosto scorso: Pasquale Cortese, Paolo Gatto, Antonio Giordano, Florinda Giordano e Vincenza Mogavero. Per tutti la richiesta formulata al Gup Daniela Oliva, di concerto col pubblico ministero Beatrice Ronchi, è quella di una condanna a due anni di reclusione con la sospensione della pena.
Sebbene le strade processuali dei fratelli Antonino e Luciano Lo Giudice abbiano preso percorsi diversi, i due risultano accusati, in un procedimento separato che si celebra a Catanzaro, degli attentati nei confronti della magistratura reggina. Una strategia della tensione messa in atto da Nino Lo Giudice, nei mesi antecedenti alla collaborazione, a causa della detenzione del fratello Luciano, sentitosi “scaricato” dagli appoggi istituzionali avuti per anni. Proprio in questo senso, peraltro, la Procura di Reggio Calabria alcuni mesi fa ha iscritto nel registro degli indagati, con l’accusa di corruzione in atti giudiziari, il procuratore aggiunto della Dna, Alberto Cisterna, sospettato di aver ricevuto soldi in cambio dell’interessamento messo in atto per ottenere la scarcerazione di un altro dei tanti fratelli Lo Giudice, Maurizio.