di Claudio Cordova – Nove condanne e un’assoluzione, oltre 50 anni di carcere comminati. La Corte d’Assise di Palmi (Salomone presidente, Spedale e Ciollaro a latere) ha emesso la sentenza nell’ambito del processo “Topa”, contro i presunti affiliati alla cosca Gioffrè di Seminara, dopo la requisitoria del pm Roberto Di Palma e le arringhe degli avvocati.
Il vecchio patriarca Rocco Antonio Gioffrè è stato condannato a 7 anni di reclusione (erano stati richiesti 16 anni), il sindaco uscente Antonio Marafioti è stato condannato a 6 anni e 6 mesi di reclusione, pene mitigate, rispetto alle richieste, per i due “politici”, Carmelo Buggè e Mariano Battaglia condannati a 6 anni di reclusione. Per Buggè, difeso dall’avvocato Antonio Managò (presente anche l’avvocato Antonio Attinà), il pm Di Palma aveva richiesto 13 anni di carcere. Pena dimezzata, a fronte di una richiesta di 12 anni, per Battaglia, difeso dall’avvocato Carlo Morace. Per Vittorio Vincenzo Gioffrè, Antonio Giuffrè, Vincenzo Gioffrè, Domenico Gioffrè e Adriano Gioffrè il Tribunale ha comminato 5 anni e 6 mesi di carcere. Unico assolto nel procedimento di Palmi è Antonino Tripodi. Particolarmente interessante la figura del professor Carmelo Buggè, già sindaco dal 1988 al 1991, allorquando il Comune di Seminara verrà sciolto per infiltrazioni mafiose. Il pm Di Palma lo aveva definito “la vera mente politica del sodalizio”. Difeso dall’avvocato Managò, coadiuvato dall’avvocato Attinà, Buggè si è visto mitigare la pena a 6 anni di reclusione rispetto alla richiesta, 13 anni, avanzata dall’accusa.
Il procedimento “Topa” nasce dall’omonima operazione condotta dai Carabinieri che, nel novembre 2007, danno esecuzione alle ordinanze di custodia cautelare disposte dal Gip di Reggio Calabria Anna Maria Arena. Nel mirino c’è la famiglia Gioffrè di Seminara che, secondo l’accusa, avrebbe condizionato il libero voto del Comune pre-aspromontano, imponendo un proprio candidato (Marafioti), costringendo l’altro pretendente (Battaglia) a ritirarsi dalla competizione. Le consultazioni, poi vengono effettivamente vinte da Marafioti che la spunta sull’avversario, Salvatore Costantino, per 95 voti. Dalle intercettazioni risulta come i presunti affiliati alla cosca Gioffrè contassero 1050 voti a favore di Marafioti. Il sindaco uscente sarà eletto con 1058 preferenze, otto in più rispetto ai calcoli. L’operazione porta anche allo scioglimento del Consiglio Comunale per infiltrazioni mafiose.
Nel corso della propria requisitoria, il pm Di Palma aveva sottolineato la consapevolezza, da parte degli imputati, dell’illiceità dei propri comportamenti, sottolineando la precisa volontà di condizionare il voto di Seminara e imporre un proprio candidato vincente. Le riunioni decisive per delineare gli accordi sarebbero state due: la prima, il 16 aprile 2007, presso il “motore” (il frantoio) della famiglia Gioffrè; la seconda nella sperduta località Topa (da qui il nome del procedimento) nel corso della quale sarebbe arrivato l’input dell’anziano patriarca Rocco Gioffrè, che avrebbe convinto i dissidenti a fare un passo indietro.
I membri dell’associazione avrebbero, secondo le ricostruzioni accusatorie, presenziato anche ai seggi nel giorno delle elezioni, intervenendo illecitamente nel momento stesso delle votazioni, al fine di incutere timore negli elettori. Sebbene, secondo gli investigatori, la famiglia Gioffrè sia una potente ‘ndrina, non esistono sentenze definitive che la definiscono tale: “Tutti sanno chi sono i Gioffrè di Seminara – aveva però tuonato il pm Roberto Di Palma -, gli imputati interpretano la paura della gente come rispetto”. Si tratta, quindi, della prima sentenza, seppur di primo grado, in cui la famiglia Gioffrè viene condannata per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso.
Con nove condanne, rispetto alle dieci richieste dall’accusa, regge dunque la tesi del pubblico ministero Roberto Di Palma che colpisce un presunto connubio tra ‘ndrangheta e politica. Poi le arringhe difensive che portano agli abbassamenti di pena concessi dal Tribunale di Palmi. Abbassamenti di pena dovuti principalmente al fatto che ai membri della famiglia Gioffrè era contestato anche il possesso di un’ingente quantità di armi: il Tribunale ha escluso però il reato di 416bis comma 4, l’aggravante dell’associazione armata.