di Domenico Grillone (Foto di Antonio Sollazzo) – Primo appuntamento del Play Music Festival, ricco di soddisfazioni e, soprattutto, di buone vibrazioni. Perché quello dell’Ivan Mazuze Quartet è stato un concerto non solo ricco di pathos, alimentato dalla suggestiva location dell’ex hotel Miramare, riaperto per l’occasione dopo diversi mesi, ma capace anche di mostrare un lato del jazz un po’ fuori dai soliti schemi, difficile da etichettare, ma molto intenso nelle sue varie espressioni musicali. Un suono “colto” come Ivan Mazuze, giovane sassofonista mozambicano, con otto anni alle spalle di studi di pianoforte classico, laureato in etnomusicologia al dipartimento di jazz dell’università di Città del Capo, in Sudafrica. Un musicista africano specializzatosi, tra l’altro, nel rapporto tra musica e trance nei riti tradizionali. E che, dopo aver percorso uno straordinario cammino professionale, dentro al quale occorre citare pure la pubblicazione di diversi libri sulla materia e la sua regolare collaborazione con le più accreditate riviste scientifiche del settore, decide di trasferirsi ad Oslo, in Norvegia. Ed allora cosa ci si potrebbe aspettare da un personaggio così strano, sicuramente originale e considerato una delle migliori espressioni attuali del world jazz internazionale? Difficile dirlo, ma è bastato vederlo all’opera per apprezzare un musicista straordinario che si sforza di far rivivere la sua cultura africana in un contesto musicale decisamente più moderno.
E se si pensa ad un colonialismo culturale “grazie” al quale, ad esempio, lo strumento tipico del Congo è la chitarra elettrica e il genere musicale preferito è la rumba, si capisce bene il tentativo di Mazuze di salvare quelle radici ancora rimaste. Impeccabile al sax tenore e soprano, come pure al flauto, Mazuze, assieme al cubano Raciel Torres alla batteria, Jacob Joung alla chitarra, nuovo talento norvegese con due dischi all’attivo con l’etichetta ECM, ed il bassista norvegese Per Mathisen, ha mostrato tutta la sua sensibilità musicale partendo da una base formata da una possente sezione ritmica con l’aggiunta di cori del gruppo etnico di sua appartenenza (Tsonga) per una mistura di jazz africano ed europeo in cui non mancano riff melodici molto belli, improvvisazione e l’inevitabile influenza nordica. A spiegarlo è lui stesso in una intervista concessa poco tempo addietro al giornale online “Deutsche Welle”. “Sono arrivato al punto, nel corso dei miei studi – dice Mazuze – di voler ricercare un po’ della mia esistenza, radici e cultura e di conseguenza la musica dietro della mia stessa cultura, del mio gruppo etnico. Tutto questo è successo nel 2005, dopo aver fatto la mia specializzazione, dopo la laurea, riguardo lo studio del jazz. Avevo bisogno di identificarmi con i miei valori culturali e creare musica ispirata con i suoni che definiscono la cultura Tsonga. Ma è chiaro, non si tratta di una rappresentazione tradizionale ma contemporanea, moderna. Si tratta di una mistura di suoni in cui uso anche la lingua xangana (il dialetto più usato a Maputo, in Mozambico, ndr)”. Nonostante i suoi numerosi impegni, lui continua ad insegnare all’Istituto d’Arte di Oslo grazie al suo profilo accademico con formazione in etnomusicologia legata all’Africa. Ma intanto la Norvegia, dopo tre magnifici album all’attivo, lo ha premiato inserendo alcuni suoi brani nella raccolta dedicata alla scena norvegese contemporanea. “Nella mia musica sento l’esigenza di inserire questa sensibilità espressiva nordica – dice ancora Mazuze al corrispondente di DW – una sorta di musica minimalista, semplice. Perché alcune volte non abbiamo bisogno di gridare per essere ascoltati”.
Ancora una volta una scelta super azzeccata per il direttore artistico del festival, Alessio Laganà, per una serata molto apprezzata dai circa duecento spettatori, tanto ne può ospitare il Miramare, ipnotizzati dalla personalità artistica di tutto il quartetto. Prossimo appuntamento, giovedì 9 marzo, con un altro grande, questa volta italiano: Fabrizio Bosso con il trio siciliano degli Urban Fabula, già ospite dello stesso festival in una edizione precedente e con il ricordo ancora vivo della sua incantevole performance al Teatro Siracusa.
