In occasione del V centenario della pubblicazione (1516), l’Associazione Culturale Anassilaos dedica un incontro a “Utopia” di Thomas More che si terrà martedì 12 aprile alle ore 18,00 presso la Sala di San Giorgio al Corso con l’intervento del Prof. Antonino Romeo. Pubblicata in lingua latina, in Inghilterra, e destinata a dare nome al termine comune di utopia (nessun luogo – luogo inesistente) , il “romanzo” o meglio “libellus” aveva quale titolo originale “Libellus vere aureus nec minus salutaris quam festivus de optimo reipublicae statu deque nova insula Utopia”. L’autore, Sir Thomas More, era un personaggio influentissimo della corte inglese di Enrico VIII Tudor. Umanista, uomo di cultura, membro del parlamento nonché cancelliere del regno nell’anno 1532 egli perse la fiducia del sovrano allorquando si oppose alla decisione del re di porsi a capo della Chiesa di Inghilterra e alla sua politica matrimoniale. Come è noto il distacco dell’Inghilterra dalla chiesa di Roma non fu originato da motivazioni religiose o teologiche ma dalla volontà di Enrico VIII di divorziare dalla prima moglie, Caterina d’Aragona, zia peraltro dell’imperatore Carlo V, per sposare Anna Bolena. Il rifiuto papale (Clemente VII) di concedere il divorzio indusse il sovrano alla rottura con Roma. Così, quando il re impose il giuramento dell’atto di successione, che oltre il riconoscimento del divorzio da Caterina d’Aragona e del matrimonio di Anna Bolena comportava la proibizione di ubbidire al papa, More rifiutò e fu dunque processato per alto tradimento e condannato a morte. Molti anni prima aveva dato alle stampe l’opera destinata a sicura fortuna e che esprimeva l’aspirazione verso una società ideale che già si era manifestata nel mondo antico. Tra i modelli di More infatti possono essere annoverati il Platone della Repubblica e gli scrittori greci Plutarco e Luciano. Il contesto politico e sociale dell’Inghilterra del tempo fa da sfondo all’operetta che nel primo libro contiene una critica serrata alle condizioni sociali del paese. Ma è il secondo libro quello che ha da sempre affascinato i lettori. More narra infatti il viaggio che Raffaele Itlodeo, figura di viaggiatore e filosofo, compie in un’ isola, Utopia, di cui descrive usi e costumi che rappresentano l’ideale sociale e politico dellautore. In quest’isola i cittadini hanno i beni in comune, vivono sotto il governo di saggi che di tanto in tanto ricorrono anche alla diretta consultazione popolare. In Utopia tutte le religioni sono ammesse e nessuno può con la forza convertire gli altri; vige la liberta di parola e di pensiero anche se non mancano in essa, come già nella Repubblica di Platone, elementi di coercizione. Un’ isola quella di More che conserva il suo significato ideale e utopistico nel difficile momento storico vissuto dall’autore anche se tre anni prima (1513) in Italia Machiavelli a proposito di stati ideali aveva scritto e ammonito “Ma sendo l’intento mio scrivere cosa utile a chi la intende, mi è parso piú conveniente andare drieto alla verità effettuale della cosa che alla imaginazione di essa. E molti si sono imaginati republiche e principati che non si sono mai visti né conosciuti essere in vero…” (Il Principe, cap. XV).
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