di Angela Panzera – Si è chiuso con tre assoluzioni il processo,svoltosi con rito ordinario, per tutti e tre gli imputati coinvolti nell’inchiesta “Xenopolis” condotta dalla Dda reggina contro il clan Alvaro di Sinopoli. Ci sono volute oltre 12 ore di camera di consiglio al Tribunale di Palmi, presieduto da Concettina Epifanio, per emettere la sentenza che è stata letta nella tarda notte intercorsa fra venerdì e sabato. Assoluzione perché il fatto non sussiste dal reato di associazione mafiosa per Domenico Laurendi, difeso dagli avvocati Emanuele Genovese, Antonio Saffioti e Pietro Bertone e per Antonio Alvaro, classe 1966, difeso dagli avvocati Maurizio Licastro e Francesco Calabrese. Assolto perchè il fatto non costituisce reato anche Carmelo Giuseppe Occhiuto,difeso dall’avvocato Valeria Iaria, e Antonio Alvaro, entrambi accusati di intestazione fittizia di beni. Durante la propria requisitoria il pm antimafia Roberto Di Palma aveva invocato 13 anni di carcere per Laurendi, 12 anni per Alvaro e cinque anni di carcere per Occhiuto. Il processo “Xenopolis” nasceva dall’operazione della Polizia di Stato che ha riguardato i presunti affari illeciti dei due figli di Mico Alvaro. “Una famiglia mafiosa doc, quella degli Alvaro- scriveva il gip Tommasina Cotroneo nell’ordinanza di custodia cautelare – che ha rapporti con le altre famiglie mafiose come emerge dalle sentenze passate in giudicato e non; una mafia vera perché si ritiene padrona piena ed esclusiva del territorio, con tutti i relativi poteri. Una cosca, quella degli Alvaro, secondo l’accusa che sarebbe riuscita ad assottigliare sempre di più il rapporto fra politica e ‘ndrangheta, fra imprenditoria e mafia. Il troncone ordinario però si chiude con una vittoria netta delle difese. Occorrerà attendere il deposito delle motivazioni, ma appare molto probabile che la Dda reggina subito dopo appellerà le posizioni assolutorie. Il troncone abbreviato invece, si chiuse con quattro condanne su quattro. Il sedici dicembre scorso i quattro imputati alla sbarra furono sepolti da 30 anni di carcere. Il gup distrettuale Olga Tarzia comminò 9 anni di carcere a Cosimo Alvaro. Sette anni invece, furono disposti all’ex sindaco di San Procopio, Rocco Palermo, a Giasone Italiano, e a Domenico Alvaroro. Sia Rocco Palermo, il cui arresto porterà poi allo scioglimento del consiglio comunale del paese, sia Cosimo Alvaro che Giasone Italiano furono coinvolti nell’inchiesta “Meta”, inchiesta che nel 2010 ha disarticolato le ‘ndrine reggine.