La cocaina veniva acquistata in Colombia per poi arrivare in Spagna e successivamente in Italia. Questo l’iter della droga scoperto dai carabinieri del Ros di Catanzaro in “Overing”. A gestire il traffico la cosca di ‘ndrangheta dei Mancuso di Limbadi, in sinergia con quelle della fascia jonica reggina e con le organizzazioni colombiane e albanesi. Dalle indagini è emerso che per il trasporto della cocaina venivano utilizzati diversi sistemi, tra quali anche alcuni originali ed ingegnosi.
Si va dai tessuto e vestiti imbevuti, attraverso un procedimento chimico, della cocaina, alle mattonelle con sotto la cocaina ancora grezza. Quando i vestiti ed i tessuti giungevano in Italia venivano portati a Spilinga, nel vibonese, dove era stata allestita un’apposita raffineria che effettuava il procedimento inverso per recuperare la droga. A Spilinga c’era anche una persona proveniente dal Venezuela chiamata dai componenti dell’organizzazione “il chimico”, che aveva il compito di coordinare le procedure per estrarre la cocaina. Le operazioni svolte nella raffineria sono state monitorate e registrate dai carabinieri del Comando provinciale di Vibo Valentia. La struttura, realizzata in un casolare abbandonato, è stata sequestrata. I carabinieri hanno anche scoperto un carico di pavimenti che aveva nella parte sottostante la cocaina grezza che era parte integrante delle piastrelle. Quando il carico giungeva a destinazione, le piastrelle venivano staccate dalla droga grezza e quest’ultima veniva raffinata e tagliata.
Nel corso dell’operazione denominata “Overing” sono stati sequestrati, in cooperazione con le autorità colombiane e spagnole, oltre 600 chili di cocaina. “E’ stata una di quelle indagini molto lunghe e assai delicata”, ha spiegato il Procuratore di Catanzaro, Vincenzo Antonio Lombardo, nel corso della conferenza stampa. “Durante le indagini – ha aggiunto – siamo riusciti a decifrare il linguaggio criptico usato dai narcotrafficanti che ci ha consentito di ricostruire le attività e di sequestrare anche ingenti quantitativi di cocaina. Abbiamo individuato anche una cellula albanese, che aveva base operativa a Fiano Romano, che rappresentava un gruppo delinquenziale molto violento e pericoloso”. Il Procuratore aggiunto Giovanni Bombardieri ha evidenziato che “l’inchiesta inizia dieci anni fa quando abbiamo ricevuto una segnalazione secondo la quale i trafficanti colombiani cercavano compratori di cocaina. E’ stata così costituita una apposita società ed abbiamo fatto infiltrare due bravi carabinieri che si sono finti imprenditori. E’ stata una operazione molto delicata e molto rischiosa. La bravura degli investigatori ci ha portato al risultato odierno”. Il comandante provinciale dei carabinieri di Vibo Valentia, col. Daniele Scardecchia, ha ricordato come “anche in piccoli territori come quello di Spilinga la ‘ndrangheta ha le sue radici. Non a caso abbiamo scoperto la raffineria in un luogo dove nessuno avrebbe mai sospettato nulla. Ed ancora una volta emerge che nei territori così poveri le cosche mettono le loro basi logistiche”. Il comandante del reparto investigativo dei carabinieri di Livorno, maggiore Francesco De Lellis, ha ricordato che dalle indagini sono emersi due “canali diversi. Il primo faceva capo a Domenico Trimboli e l’altro a due colombiani. I nostri militari infiltrati sono riusciti a ricostruire entrambi i canali”. Il maggiore Giovanni Migliavacca, del Ros di Catanzaro, ha infine ribadito che le cosche della ‘ndrangheta “nonostante la sempre maggiore attenzione delle forze dell’ordine, non smettono mai di occuparsi del traffico di cocaina, che rappresenta una delle loro principali fonti di reddito”.
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