di Damiano Praticò – Era il 3 maggio 1982 quando Gennaro Musella, ingegnere salernitano trapiantato in Calabria per lavoro, veniva ucciso a Reggio Calabria.
Erano circa le 8 del mattino in via Apollo. Subito dopo aver aperto la portiera della propria auto, Musella saltava in aria con essa. Vi era stata piazzata una bomba pronta ad innescarsi al primo contatto. Di lui non rimase quasi nulla: una mano fu ritrovata in fondo alla via luogo della tragedia, addirittura parti di materia cerebrale imbrattarono le pareti dei palazzi limitrofi. Uno spettacolo da fronte bellico. Uno scenario che appare sin da subito alimentato dalla mano della ‘ndrangheta.
Da allora, la sua famiglia, soprattutto sua figlia Adriana, che porta avanti quotidianamente il ricordo del padre attraverso il coordinamento nazionale antimafia Riferimenti, cerca ostinatamente giustizia. Perchè venne ucciso Gennaro Musella?
Anni ’80: il decennio del ‘grande balzo in avanti’ della ‘ndrangheta: droga e, in questo caso, appalti. Musella aveva trasferito la sua azienda dalla Campania alla Calabria per la costruzione di alcune opere marittime. Un’ottima occasione per il suo lavoro si presentò allorquando, nel marzo 1981, venne indetta una gara d’appalto per la costruzione del porto di Bagnara; Musella possedeva proprio a Bagnara una cava di massi e un’impresa estrattiva. Tentò di prendere parte all’appalto, ma la mano invisibile della ‘ndrangheta, intrecciata con quella di una parte connivente della politica, gli impedirono di partecipare alla gara. Coraggiosamente, l’imprenditore salernitano denunciò il fatto con un esposto alla Procura di Reggio Calabria.
Una reazione che gli costò la vita.
A un mese circa dalla sua morte, si svolse la gara d’appalto, vinta dai ‘cavalieri del lavoro’ di Catania Costanzo e Graci. Ma i Carabinieri del Nucleo Operativo di Reggio Calabria, in un rapporto all’autorità giudiziaria riguardante proprio l’appalto sul porto di Bagnara, denunciarono forti irregolarità e condizionamenti causati da un’associazione tra ‘ndrangheta reggina e mafia catanese capeggiate rispettivamente da Paolo De Stefano e Nitto Santapaola. Nel rapporto venivano menzionati anche i nomi di politici, imprenditori e funzionari del Genio Civile di Reggio Calabria.
Le indagini sul delitto Musella furono archiviate nel 1988 contro ignoti. La Direzione Distrettuale Antimafia, poi, grazie al lavoro del Procuratore Aggiunto di Reggio Calabria Salvatore Boemi, in coordinamento con la CriminalPol, riaprì il fascicolo nel 1993. L’inchiesta fu completata, ma non portò mai ad un processo.
Solo nel 2008, Gennaro Musella è stato riconosciuto ‘vittima di ‘ndrangheta’. “Ci sono voluti 26 anni” – ha detto nell’occasione sua figlia Adriana – “affinchè a mio padre fosse riconosciuto tale status”.
Sono passati trent’anni dal quel fatidico 3 maggio. Molte cose sono state fatte per Gennaro Musella: il riconoscimento ufficiale di ‘vittima di ‘ndrangheta’, una via cittadina in suo nome. Quello che manca ancora, però, è un processo.