di Clara Varano – Rocco Rotolo e Salvatore Ruggiero, sono loro i due calabresi che pare, secondo quanto ricostruito dal Tribunale di Roma, fossero il tramite tra la mafia romana e la ‘ndrangheta calabrese. Già, la ‘ndrangheta, quella che ha radici in tutta Italia e anche all’estero e Roma, la capitale, non poteva mancare nel novero della attività della “calabrese”. Lo avevamo anticipato qualche giorno fa quello stretto rapporto tra Massimo Carminati, considerato il leader incontrastato del Mondo di Mezzo romano, detto il guercio, ex terrorista del Nar, Salvatore Buzzi, uno dei suoi fidati e stretti collaboratori, e la ‘ndrangheta, che assumeva il nome, come unico legame, di Giovanni Campennì, strettamente legato alla cosca Mancuso di Limbadi, attualmente operativa nel vibonese (LEGGI QUI TUTTI I DETTAGLI).
Ma come si era arrivati a Campennì ed ai Mancuso? Il legame è stato chiarito dagli arresti di oggi proprio di Rocco Rotolo e Salvatore Ruggiero. I due di Gioia Tauro, sarebbero stati proprio il tramite tra Carminati, Buzzi e la loro cosca, con ‘ndrangheta Spa.

Sono proprio, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti ed avvalorato dall’ordinanza del Gip Flavia Costantini, Rotolo e Ruggiero a recarsi dai Mancuso per ottenere protezione per Mafia Capitale in Calabria. Protezione che non fatica ad arrivare anche perché, come emerge dal video, Rotolo e Ruggiero, arrivano dai Mancuso con un biglietto da visita, necessario in quel mondo, che si chiama cosca Piromalli, alla quale uno dei due, Rotolo, è legato da un vincolo di parentela (lui, è il nipote di Peppe PIROMALLI…).
Protezione per cosa? La gestione di un Cara a Cropani Marina, in provincia di Catanzaro, del quale avrebbe avuto le redini in mano Buzzi attraverso una delle sue tante cooperative ed al quale il Ministero degli Interni, vista una emergenza di sovraffollamento di profughi, avrebbe destinato più di un milione di euro, 35 euro per ciascun immigrato ed il numero di immigrati presenti al Cara era di 240…
Per tutto questo periodo “laggiù” si scendeva “tranquillamente” senza che nessuno “toccasse mai” né loro, né i loro interessi.
Proprio durante questo incontro entra in ballo la figura di Campennì. Sì, perché la ‘ndrangheta non dà mai nulla per nulla. Qual è il controvalore della protezione ai romani in terra di Calabria? Entrare nella capitale e negli affari milionari del guercio e dei suoi. Così ai due emissari, Rotolo e Ruggiero, viene fatto il nome di chi a Roma avrebbe rappresentato i Mancuso e gestito i loro affari, si tratta di Giovanni Campennì, il “Gingillo”, non troppo apprezzato da Rotolo e Ruggiero, ma “pulito nella legge”. “Alt compari – si legge nell’ordinanza di Flavia Costantini – un attimo, parliamo… ci siamo messi a parlare noi siamo.. in questo periodo.. bersagliati.. sappiamo tutto ciò che è successo a Vibo.. noi siamo bersagliati dai Giudici, dai cosi… però chiamiamo un ragazzo… che è pulito nella legge e quindi nello… ok.. ci siamo dati appuntamento e ci ha presentato questo “GINGILLO” diciamo.. capisci?”. Un personaggio pulito, dunque, anche se Campennì è indagato per alcuni reati, non è mai stato condannato ed è dunque senza precedenti. Pregiudicato per le forze dell’ordine, ma non agli occhi della legge.
Rotolo e la relazione coi Piromalli: “Il soldato affiliato alla ‘ndrangheta”

L’ordinanza chiarisce anche il fondamentale contesto familiare di riferimento di Rotolo, imparentato coi Piromalli “nipote” di Peppe Piromalli, ma anche “cognato di LA ROSA Salvatore e di LA ROSA Santo, alias “Brodoso”, quest’ultimo tratto in arresto nel 2010 da personale della Squadra Mobile di Reggio Calabria, del Commissariato di Gioia Tauro e del Servizio Centrale Operativo di Roma, poiché avvalendosi della forza intimidatrice derivante dalla vicinanza al clan PIROMALLI, aveva estorto in concorso, 30.000 euro a due imprenditori di Gioia Tauro (RC)”.
Proprio questi vincoli, avrebbero conferito a Rotolo uno spessore criminale di “tutto rispetto” tanto che Buzzi si rivolgeva a lui “in occasione dell’incendio doloso subito da alcuni veicoli da lavoro della citata cooperativa custoditi all’interno di un deposito sito in Lariano”. In un’altra occasione Buzzi chiarisce il ruolo di “affiliazione di Rotolo ad uno dei suoi sodali che aveva, secondo Rotolo, alzato un po’ troppo i toni: “Quello è un ‘ndrangheta.. affiliato.. (a parlare è Buzzi, ndr) se tu gli dici sei un mio soldato… lui il generale l’ha… il generale non cè l’ha qui a Roma.. se offende.. non so se me capisci…”. Risposta del presunto sodale “ma qui stiamo a parlà de lavoro… e lui deve avè lo stesso rispetto che io porto a lui allora…”. Buzzi, quindi, ribadisce in modo esplicito: “non puoi dire al Calabrese affiliato alla ‘ndrangheta sugnu soldato… è un offesa gravissima…”
Ruggiero il legame tra Mafia Capitale e la ‘ndrangheta

Lo spessore criminale di Salvatore Ruggiero e la sua appartenenza al sodalizio emerge anche dalla conversazione captata, il 26 agosto 2014 alle ore 11.00 tra Buzzi, Colantuono e Gammuto, nel corso della quale Buzzi esaltava le figure di Ruggiero e Rotolo, sottolineandone lo spessore criminale, “aspetto – si legge nell’informativa – particolarmente apprezzato dall’imprenditore romano Bernardino Marronaro, per cui alla richiesta di quest’ultimo ‘porta pure l’amico tuo malavitoso ‘ndranghetista’ riferendosi a Rotolo, Buzzi rilanciava “…e io te lo porto…. te ne porto due gli ho detto…”. Colantuono, senza ombra di dubbio, identificava il secondo soggetto in Ruggiero Salvatore: “che gli hai portato pure Ruggiero?” e Buzzi, amplificando la portata dell’assunto, riferiva di aver fatto partecipare all’incontro anche Carminati Massimo: “è venuto pure Massimo…… e gli ho portato ROCCO (Rotolo, ndr), SALVATORE (Ruggiero, ndr) e MASSIMO (Carminati, ndr)”.
Il Cara di Cropani: gli immigrati merce tra l’ex Nar e la cosca Mancuso
La“Cooperativa 29 giugno” di Salvatore Buzzi, negli anni 2008/2009, secondo quanto accertato dagli investigatori, aveva gestito il Cara, istituito dal Ministero dell’Interno, che si trovava nel villaggio turistico Alemia di Cropani Marina (CZ). Il Cara era nato per sopperire al sovraffollamento di immigrati presso il Cpt di Crotone. L’appalto veniva aggiudicato nel periodo compreso tra il 20 ottobre 2008 ed il 31 marzo 2009, prevedendo uno stanziamento complessivo di circa 1.300.000,00 euro, per l’accoglienza di circa 240 immigrati, per i quali venivano corrisposti dal Ministero dell’Interno circa 35 euro l’uno al giorno. L’analisi condotta sugli estratti conto della “Cooperativa 29 Giugno” consentiva di accertare almeno due transazioni bancarie tra la suddetta cooperativa e la società “ALE.MIA”.
La temibile cosca Mancuso, la “generazione degli 11”: “Il perno centrale che comanda”
Territorialmente la fanno da padrone ed a loro Mafia Capitale si rivolge per avere protezione in Calabria. Ma chi sono i Mancuso? La “famiglia MANCUSO” è una cosca radicata nel vibonese e strutturata sulla base di legami familiari, costituita dai membri e dai discendenti della c.d. “generazione degli 11”, ovvero la generazione di ben 11 tra fratelli e sorelle, nati tra il 1927 ed il 1954, figli del capostipite MANCUSO Giuseppe (Limbadi, 01/03/1902). Con sentenza del 18/07/1986, la Corte di Assise di Catanzaro, nel ricostruire “il sistema di potere mafioso, il complesso dei legami, degli interessi, degli itinerari di diffusione dei Mancuso di Limbadi”, aveva affermato “l’inserimento a pieno titolo di Mancuso Francesco [cl. 1929, deceduto] e del suo gruppo, tra le cosche mafiose più eminenti della Calabria”; dalla sentenza emessa in primo grado, inoltre, emergeva che: “la penetrazione mafiosa nella provincia di Catanzaro […] è stata favorita dalla presenza in Limbadi di un potentissimo clan, quello dei MANCUSO, che ha saldi collegamenti con le cosche facenti capo ai PIROMALLI, ai MAMMOLITI, ai PESCE, ai MAZZAFERRO e ai RUGOLO”.