Riceviamo e pubblichiamo:
Caro Presidente,
ho visto e rivisto il tuo appello televisivo e mi sono chiesto quali potessero essere i motivi che ti hanno spinto a rivolgerti ai cittadini calabresi in modi e forme, a mio avviso, degne di ben altre cause, ma patetiche e intempestive nell’attuale situazione di profonda crisi in cui versa la credibilità dell’intera istituzione regionale calabrese. Ritardi, inefficienze, inattività, malgoverno, delitti, illegalità diffusa nella prassi gestionale, non certo attribuibile solo alla tua legislatura, ma in questa pervenute al massimo del degrado e della umana sopportabilità. Ti sei rivolto, troppo tardi, proprio a quei calabresi onesti che non dispongono di leggi regionali adeguate, non hanno risposte ai loro problemi di lavoro, di assistenza sanitaria, di sviluppo economico e sociale, a quei calabresi che si recano negli uffici regionali e non trovano le persone ben pagate che dovrebbero dare loro servizi efficienti e innovativi , per quello che costano a tutti noi.
Cosa chiedere ancora a questi cittadini che ascoltano e leggono ogni giorno di scandali, di avvisi di garanzia, di fratelli e parenti messi a stipendio, di società costituite ad hoc per intercettare quei fondi europei che avrebbero potuto risolvere o avviare a soluzione le tante carenze e ritardi che ci hanno spinto sempre più indietro nelle classifiche nazionali. Cosa vuoi che importi delle tue amletiche perplessità sul lasciare o restare se per tutto il periodo del tuo governo non si è assistito che a eventi negativi e a riprese cui seguiva immediatamente una nuova crisi! Tu non hai governato, non saprei cosa di positivo legare a questa legislatura. Che dire a chi aspetta da anni di avere pagato un mandato per un servizio reso o un progetto concluso e magari ha dovuto chiudere per questi ingiustificabili ritardi la propria attività o paga in banca interessi esosi in attesa che decreti e delibere, figlie di nessuno, facciano un iter che spesso non si conclude mai.
Non mi dilungo oltre perché solo scrivere e ricordare i problemi di questa sfortunata regione mi fa soffrire, veramente, di una sofferenza profonda e sentita perché non vedo segno di pentimento e di ravvedimento in nessuno di coloro che, come te, hanno avuto in mano la possibilità di redimere la propria terra e si sono fatti prendere dall’avidità o dal delirio di onnipotenza.
La tua, la vostra presunta fragilità non mi commuove, anzi suscita in me, come credo nella maggior parte delle persone che hanno assistito e assistono ogni giorno a questo spiacevole teatrino della politica regionale, disgusto, voglia di radicale rinnovamento di una classe politica e amministrativa che dovrebbe solo dileguarsi senza clamori e senza annunci che nulla di elevato hanno nei toni e nei contenuti.
Restare o andare mi sembrano quindi verbi non appropriati. Saranno le norme sulla vita di questa istituzione, dimostratasi incapace a individuare e risolvere le priorità del territorio, a dettare i tempi necessari.
Addio caro Presidente, senza alcun rimpianto.
Luisa Caridi