E' inammissibile che una banale visita dell'ispettorato del lavoro possa mettere in pericolo l'identita' e la stessa vita di un collaboratore di giustizia, come avvenuto nel caso del suicidio di Bruno Piccolo, il maggior teste d'accusa nell'indagine sull'omicidio di Francesco Fortugno". E' quanto afferma, in una nota, il vicepresidente della commissione parlamentare antimafia, Mario Tassone (Udc). Secondo Tassone, che cita ricostruzioni giornalistiche, "dopo il pentimento e la condanna, venne assegnato a Piccolo un appartamento a Francavilla a Mare (Chieti), e un posto di lavoro in un bar. Una visita dell'ispettorato nell'esercizio ha finito per svelare la sua reale identita': a quel punto, licenziato in tronco dal titolare, e' caduto in depressione ed indigenza e ha scelto il suicidio. La risposta del Governo in Aula e' stata elusiva e preoccupante. Come si puo' – si chiede Tassone – considerare quello di Piccolo un semplice suicidio 'di routine', senza collegarlo con altre vicende, anche parapolitiche, che caratterizzano la Calabria e la Locride? Mentre i mandanti del delitto Fortugno sono ancora in liberta', per questa leggerezza viene meno un collaboratore di giustizia che avrebbe dovuto ricevere una diversa protezione e attenzione". (AGI)