
calabresi su 100 sono disoccupati, mentre nel resto d'Italia gli under
25 senza lavoro sono il 17 per cento. Eppure, secondo i dati del Mur,
lo scorso anno la Calabria ha prodotto 14.896 matricole, 5.720 delle
quali sono finite a studiare in giro per l'Italia.
A commentare questi
dati e' Mario Caligiuri, docente di Pedagogia della comunicazione e
Comunicazione pubblica all'Universita' della Calabria, secondo cui "in
Calabria il problema dello scollegamento tra mondo del lavoro e mondo
della formazione, presente in tutto il Paese, e' particolarmente
evidente.
regione dopo Lazio e Liguria per numero di laureati in rapporto alla
popolazione".
"Purtroppo c'e' un paradosso – aggiunge – a una scolarita' cosi'
alta non corrisponde affatto lo sviluppo economico ne' la crescita
civica, ne' la partecipazione democratica.
Siamo la regione con il
piu' alto tasso di disoccupazione giovanile in Europa, quella con la
maggiore criminalita' nazionale e quella con il piu' basso dato di
affluenza alle urne per le elezioni. Inoltre, le tre universita' della
regione sono provinciali, nel senso che stanno finendo con l'attrarre
solo gli studenti dei rispettivi territori mentre i figli delle
famiglie piu' benestanti vanno a studiare altrove, a Roma, a Milano, a
Bologna o all'estero".
"La spiegazione di questo fenomeno e' semplice – sottolinea
Caligiuri – chi puo' permetterselo preferisce fare esperienze
significative di lavoro altrove. Le nostre universita' si rivolgono
verso il ceto medio/basso della popolazione regionale, con cio'
assolvendo certo a un'importante ragione di giustizia sociale, senza
pero' poter dare risposte esaustive, come sarebbe necessario".
"Bisognerebbe – conclude Caligiuri – che come una
delle possibili alternative da realizzare subito, creare negli atenei
calabresi dei centri di vera eccellenza, collegati con il mercato
globale, il mondo del lavoro e le comunita' scientifiche
internazionali. Le universita', ancora di piu' quelle del Mezzogiorno,
diventano troppo spesso un parcheggio in attesa di un'occupazione, e
la riforma del 3+2 non ha migliorato la situazione.
Un'alta
percentuale di giovani trascorre molto tempo dopo la laurea
appoggiandosi sulle spalle dei genitori o dei nonni".
Una tendenza confermata anche da chi vive ancora la realta'
delle lezioni, come spiega Alessio Fabiano, 23enne, iscritto a Scienze
della comunicazione e attivo nell'associazionismo studentesco: "Molti
miei colleghi frequentano l'ateneo, perche' non hanno altre
alternative.
Noto una disillusione diffusa tra i miei coetanei, spiega
a Campus ai quali fondamentalmente non restano che due strade: o ci si
adatta a svolgere attivita' dequalificanti, che non c'entrano nulla
con quello che si e' studiato, o si va via in cerca di un futuro
migliore".
"E' inutile nasconderlo – dichiara Rosario Branda, direttore
dell'Associazione industriali della provincia di Cosenza – Cosenza non
e' un'isola felice: la mafia condiziona le imprese, ma non e' questo
il problema piu' grande; per risolvere il problema della
disoccupazione giovanile, bisogna costruire un'economia capace di
assorbire i laureati.
Credo che la strada sia lavorare per progetti e
favorire l'imprenditorialita' giovanile. Uno dei nostri programmi e',
infatti, puntare allo sviluppo di 'spin off' accademici". (AdnKronos)