Il dato è incontrovertibile; il segnale è fortissimo.
L'Italia, nel suo complesso, non ha votato, ma ha urlato il suo no.
No a modificare la Costituzione, no a squilibrare il delicatissimo meccanismo perequativo
che da sempre fa stare unito il Paese, anche se ciò, sul piano solo teorico, rispondeva
a nobili fini di autodeterminazione e di responsabilizzazione rispetto ai quali il Paese ha risposto di non essere pronto.
La Calabria è stata, tra tutte, la Regione che in maniera più netta si è espressa per il "no", con l' 82,5% , mentre a Reggio e provincia il "no" ha registrato l'81,4% .
Ma tutti i numeri del referendum sono una sentenza inappellabile: 53,6% di votanti, con le punte più alte proprio in Lombardia e Veneto (le uniche ad avere votato "si") e le più basse al Sud (Calabria col 42,3%) 61,6 % di no contro il 38,4 % di si; 18 Regioni su 20 a favore del Si, tutte le più rappresentative città d'Italia (Milano, Torino,Venezia, Trieste, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Reggio Calabria, Catania, Palermo, Cagliari) imbarcate dal fronte del "no".
Speroni, evidentemente pensando che il "no" sia stato espresso solo dal Sud e dimenticando
che larghissime zone del Nord hanno bocciato la devolution (Fruli, Trentino, Val d'Aosta,
Milano e Mantova, Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, Toscana), ha dichiarato che "gli Italiani
fanno schifo"; Bossi e la Lega hanno dichiarato proprio in queste ore che, in caso di sconfitta del "si" sarebbero emigrati in Svizzera.
Ma sono così sicuri che ce li vogliano?