I militari del Gruppo di Vibo Valentia, su delega della locale Procura della
Repubblica, con provvedimento a firma del Procuratore Camillo Falvo e del
sostituto Filomena Aliberti, al termine di accertamenti tecnici condotti in loco e
dell’esame compiuto sulla documentazione acquisita, anche di natura tecnica,
hanno sottoposto a sequestro preventivo i lavori di sistemazione idrogeologica
del fosso Calzone e della raccolta delle acque bianche complementari ai fini
della realizzazione del nuovo ospedale di Vibo Valentia.
Invero, tali opere, finanziate con il fondo, del Ministero dell’Ambiente e della
Tutela del Territorio e del Mare, per la mitigazione del rischio idrogeologico del
fosso Calzone, in località Cocari di Vibo Valentia, qualificate dalla Regione
Calabria come strumentali alla realizzazione del nuovo nosocomio cittadino.
Le stesse non solo non risultavano inerenti l’oggetto per il quale era stato
stanziato il fondo, ma hanno, addirittura, aggravato, come certificato dalla
perizia richiesta ed ottenuta dall’ A.G. di Vibo Valentia, il rischio idrogeologico.
Le opere, infatti, lungi dall’essere volte al ripristino dell’officiosità idraulica del
fosso (mediante, ad esempio, la pulizia dello stesso), hanno ampliato la portata
del canale, mediante la costruzione di manufatti in cemento, aumentando
l’affluenza delle acque nel dissestato bacino del fosso, già compromesso dai
gravi eventi alluvionali del Luglio del 2006, durante i quali avevano perso la vita
due uomini ed un bambino.
A seguito di tali eventi, infatti, era stato previsto uno studio idrografico,
cosiddetto “Piano Versace”, realizzato dalla Regione Calabria, volto a
preservare la zona da eventuali nuove costruzioni, proprio in virtù della
pericolosità idraulica dell’area.
Le nuove opere hanno realizzato un innesto artificiale nella testata principale
del fosso Calzone – Rio Bravo, creando delle situazioni di pericolo per le aree
sottostanti ed, in particolare, della linea ferroviaria Eccellente – Rosarno, della
SS18 e della SP522.
Il pericolo consisterebbe, soprattutto, nel rischio di esondazione delle acque
meteoriche dal fosso, in caso di eventi alluvionali, anche non eccezionalmente
violenti, le quali, non trovando ostacolo sul proprio percorso (vegetazione,
detriti, ecc), esonderebbero, riversandosi, come già successo nel 2006, sulle
pubbliche vie, creando pericolo per l’ incolumità pubblica, senza contare il fatto
che, scendendo a valle, la furia delle stesse si abbatterebbe in località Pennello
con conseguenti danni a cose e persone.
Le indagini hanno consentito, altresì, di accertare l’affidamento diretto dei lavori,
per un importo di oltre 3 milioni di euro, alla medesima società VIBO
HOSPITAL SERVICE s.p.a, con sede in Rovigo, aggiudicataria dell’appalto
principale di costruzione del nuovo ospedale, per un importo complessivo di
circa 144 milioni di euro.
Le fiamme gialle e la Procura della Repubblica hanno, per tali ragioni,
contestato ai soggetti responsabili le ipotesi di reato di disastro colposo ed
abuso d’ ufficio.
Quest’ ultima ipotesi deriva dal fatto che la Regione ha palesemente distratto i
fondi pubblici ministeriali destinati a pulire il fosso, utilizzandoli strumentalmente
per la realizzazione del nuovo Ospedale, andando, tuttavia, ad aggravare il
rischio idrogeologico.
In particolare, sono stati destinatari di informazione di garanzia i seguenti
soggetti:
PALLARIA Domenico Maria, nato a Curinga (CZ) in data 12/01/1959,
per le per le ipotesi di reato previste e punite dagli artt. 81 cpv, 110, 112,
323 c. I e II, 434 comma 1 e 2 del Codice Penale, nella sua veste di
Direttore Generale del Dipartimento nr. 09 Infrastrutture della
Regione Calabria, in qualità di R.U.P.;
GIDARO Pasquale, nato a Catanzaro in data 06/02/1967, per le ipotesi di
reato previste e punite dagli artt. 81 cpv, 110, 112, 323 c.p. – c. I e II, 434
comma 1 e 2 del Codice Penale, in qualità di responsabile della
struttura tecnica per il supporto al R.U.P.;
ANDREACCHI Alessando, nato a Nicastro – Lamezia Terme (CZ) in data
07.04.1963, per le ipotesi di reato previste e punite dagli artt. 81 cpv, 110,
112, 323 c.p. – c. I e II, 434 comma 1 e 2 del Codice Penale, in qualità
di direttore dei lavori;
OLIVATO Pier Renzo, nato a Anguillara Veneta (PD) in data 06/12/1954,
per le ipotesi di reato previste e punite dagli artt. 81 cpv, 110, 112 e 434
comma 1 e 2 del Codice Penale, in qualità di Presidente del consiglio
di amministrazione del consorzio di imprese VIBO HOSPITAL s.p.a.,
concessionario dei lavori;
PROCOPIO Giacomo, nato a Catanzaro in data 30/10/1957, per le
ipotesi di reato previste e punite dagli artt. 81 cpv, 110, 112 e 434
comma 1 e 2 del Codice Penale, in qualità di legale rappresentante
dell’impresa esecutrice dei lavori “COSTRUZIONI PROCOPIO
S.R.L.”;
PROCOPIO Massimo, nato a Catanzaro in data 03/09/1961, per le
ipotesi di reato previste e punite dagli artt. 81 cpv, 110, 112 e 434
comma 1 e 2 del Codice Penale, in qualità di vice-presidente del
consiglio di amministrazione della “VIBO HOSPITAL SERVICE
S.P.A.” e Direttore Tecnico dell’ impresa esecutrice dei lavori
“COSTRUZIONI PROCOPIO S.R.L.”, con sede in Catanzaro;
ZINNO Luigi Giuseppe, nato a Marano Marchesato (CS) in data
22/10/1954, per le ipotesi di reato previste e punite dagli artt. 323 e 434
comma 1 e 2 del Codice Penale, in qualità di soggetto attuatore dell’
ufficio del Commissario Straordinario per la mitigazione del rischio
idrogeologico della Regione Calabria.
L’Autorità Giudiziaria, attraverso il vincolo del sequestro, ha lo scopo di evitare
che la costruzione venga portata a termine, anche in considerazione dello stato
avanzato dell’ opera, allo scopo di evitare l’ aggravarsi del rischio idraulico,
anche in considerazione degli eventi atmosferici che stanno interessando la
provincia di Vibo Valentia.
L’operazione di servizio testimonia l’attenzione che l’A.G. ed il Corpo
profondono nella vigilanza assidua della corretta esecuzione degli appalti
pubblici, in una provincia, quale quella vibonese, permeata da diffusi fenomeni
di illegalità, anche all’interno della Pubblica Amministrazione.
L’attività posta in essere ha consentito non solo di accertare lo sperpero di fondi
pubblici nella sanità calabrese, già da anni in crisi, ma ha anche permesso di
salvaguardare l’incolumità dei cittadini vibonesi, affinché non si ripetano i
drammatici eventi degli anni passati.