di Anna Foti – La sua essenza intatta e nitida in un corpo nascosto, rimasto solo immaginato e sognato. La creatura leggendaria Melusina, alla quale nel Medioevo veniva affidato il destino dei cavalieri che avrebbero dovuto sposarla senza mai vederla nella sua interezza di fata dell’acqua con la coda (anche doppia in alcune raffigurazioni) di pesce o di serpente per preservarne l’integrità, diviene una fanciulla calabrese la cui purezza viene rapita e la virtù carpita da un ritratto di un pittore straniero, piuttosto che dallo sguardo del cavaliere. La contaminazione è l’ispirazione dello scrittore calabrese di cui lo scorso 11 giugno si sono celebrati i cinquant’anni dalla morte (11 giugno 1956) avvenuta a Roma, Corrado Alvaro. Il racconto intitolato proprio il “Ritratto di Melusina” della raccolta “L’amata alla finestra” (1929) dello scrittore nato a San Luca, in provincia di Reggio Calabria, nel 1895, narra proprio di questa giovane rimasta imprigionata nel tratto di un artista che ottenne dal capo del villaggio e dal padre, con cui viveva tra le montagne di un paesino abbandonato, il permesso di ritrarla. Da allora lei si sentì ostaggio di quel foglio come la sua generazione lo fu dell’emigrazione per bisogno dai luoghi natii; ella non fu mai più la stessa dopo quel ritratto, come sarebbe accaduto alla fata dell’acqua vista dal suo cavaliere di cui avrebbe anche causato la rovina. Melusina incarna il conflitto tra immagine e sostanza, tra apparenza ed essenza, tra assenza e presenza, tra dimenticanza e rimembranza, tra partenza e restanza, tra ciò che non ha più senso e ciò che prima ne aveva. Con le sue lacrime sublima tutto questo, costituendo un monito di grande attualità che educa alla resistenza dei valori profondi e mette in guardia la modernità dall’oblio e dallo smarrimento di identità. Vi è in questo racconto uno spaccato segnato dall’arretratezza della condizione femminile in cui la donna non decide per sé e tutto il suo valore si riduce ad un corpo che, oggetto di un ritratto, ha compromesso anche l’anima e la virtù. Un ritratto che è un mistero ed anche un maleficio, in una Calabria anche culla di magia e nido di superstizioni. Tuttavia esiste anche la lettura di portata rivoluzionaria, in cui la donna non vuole essere fermata sulla carta, mercificata e, nonostante nessuna voglia ascoltarla, comunque manifesta, con il suo dissenso e la sua disperazione, la sua ribellione a quell’imposizione. Non accettando di essere solo un ritratto ella è consapevole, anche se la società non lo riconosce, di essere molto di più di un bel corpo da disegnare come i suoi luoghi, ormai deserti e non più abitati, sono molto di più di ciò che appaiono dopo l’abbandono. Melusina, cantata anche da Dino Buzzati, sirena nel dipinto ottocentesco di Julius Hubner, protagonista del libro di Thüring von Ringoltingen (1456) e del racconto “Incanti” della raccolta “Piccoli equivoci senza importanza” di Antonio Tabucchi (1985), ha origini poliedriche. Di lei c’è traccia nei racconti pre-cristiani, greci, celtici, orientali e infine anche europei. Il racconto di Alvaro ha anche ispirato la cantastorie calabrese Francesca Prestia che ne ha tratto la tarantella dal titolo “Comu l’ortica e u boccaleona”.