di Grazia Candido – Ti travolge con la sua allegria, con il suo modo di fare “caciarone” come solo un romano verace può essere ma, al tempo stesso, ti colpisce subito la sua genuinità perché Maurizio Battista anche se lo è ma non lo ammette mai, è un big fuori dal comune.
E’ semplicemente uno di noi, un uomo intelligente, ironico, arguto, che si è fatto da solo, lui ci tiene a precisare “per strada” e che, grazie al suo talento, riesce a raccontare la realtà in chiave ironica analizzando in modo irriverente gli stereotipi e i luoghi comuni che intasano le nostre vite.
Sarà proprio Maurizio, sabato 26 ottobre alle ore 20,45 con lo show “Papà perché lo hai fatto” ad aprire al teatro “Francesco Cilea”, la quinta stagione dell’Officina dell’Arte del direttore artistico Peppe Piromalli che inizia subito con il primo “tutto esaurito”.
Partiamo dallo show, la sua è un’arguta ed esilarante analisi che compie di se stesso e del mondo che lo circonda. Come le è venuta questa idea?
“Lo spettacolo è un po’ insolito nel senso che non ha delle grandi regole, le facciamo strada facendo e parla del mio quotidiano, senza troppi fronzoli. E’ un work in progress dove interagisco col pubblico. Non c’è una drammaturgia ma un signore capace, forse simpatico, che sta lì a parlare dei fatti suoi come al bar con gli amici o a casa con i parenti, senza la quarta parete. Parla di tutto in modo molto genuino”.
Ripercorrendo episodi della sua vita, anche dolorosi e drammatici, offre uno spaccato del mondo di oggi. Cosa cambierebbe di questo mondo?
“Ce ne sarebbero cose da cambiare. Stiamo registrando uno spettacolo su Rai Due che andrà in prima serata a Gennaio, Febbraio e si intitola “Il tanto di po’, il poco di tanto” che parla di quanto si utilizza male quello che si ha e della smania di arrivare a cose che, forse, non servono nemmeno. In queste quattro puntate, proverò a far capire che quello che abbiamo in molti casi, è tanto, è il poco di tanto che non va sottovalutato. Ai ragazzi che non vogliono fare certi lavori e si fanno abbindolare da un influencer, mi piacerebbe far capire che la vita è un’altra cosa, impara più la pratica che la grammatica. La misura di godere di quello che hai che non è poco in molti casi. Dovremmo cercare di apprezzare ciò che abbiamo perché, soprattutto quando siamo con le spalle al muro, capiamo che eravamo felici e non lo sapevamo. In queste due ore di spettacolo, cercheremo di divertirci e basta. Non dico accontentiamoci ma valorizziamo quello che abbiamo”.
In ogni suo spettacolo è sempre tutto esaurito e anche a Reggio Calabria è così. Come si riesce a fare sempre il pienone a teatro?
“Sono molto ben voluto, c’è un affetto con la gente che si immedesima in quello che racconto, sono cose mie, della mia famiglia, dei mie figli e poi, il mondo è tutto uguale. Non sono un marziano ma un uomo comune con i suoi pregi e difetti. Il fatto che mi vogliono bene mi gratifica molto perché non sono un artista distaccato: mi fermo per fare le foto, parlare con la gente, sono le mie due ore felici di vita e non mi vergogno a dire, che sono un egoista di questo piacere. Anche chi non mi conosce alla fine, si accorge che non bleffo ma sono proprio così. Non vengo lì per fare il lavoro del comico ma per stare insieme ai reggini e divertirci. Non fingo mai, purtroppo, sono proprio così. Nella vita ho lavorato e sofferto tanto e questo mi ha segnato. Con il mondo dello spettacolo non c’entro niente, io faccio parte del mondo del pubblico e non verrò a Reggio Calabria a fare lezione ai calabresi. Non tollero i comici che danno lezioni di vita”.
Ha dichiarato che le emozioni alla sua età sono molto più importanti dei soldi. Un messaggio che dovremmo tenere presente un po’ tutti.
“Lo stupido dirà che dico ciò perché ho i soldi ma non è vero: lo dicevo pure quando non avevo una lira. Hai più bisogno di emozioni che di soldi perché se si suicidano più ricchi che poveri, vuol dire che i soldi non bastano. Ecco, il poco di tanto di cui parlavo prima. A 58 anni sono diventato papà per la terza volta ed è un dono, un privilegio, una fortuna. E’ questo un lusso che mi sono permesso non la macchina grossa che possono comprare tutti pure a rate. Certe cose sono privilegi e l’essere umano lo deve capire”.
Che papà è?
“Affannato: ho 62 anni e la bimba piccola ne ha tre. Sono stato padre in due fasi diverse della vita: a 22 anni e a 25 e poi, a 58 in un periodo più maturo ma faccio cose quotidiane come portare la ragazzina a scuola, a danza, gioco con lei. Questo è il mio tanto meraviglioso. La sofferenza mi ha temprato e oggi, faccio quello che mi piace perché quello che non mi piace mi fa stare male e non me lo posso permettere”.
E all’Officina dell’Arte, una compagnia reggina che, da 5 anni, sta mettendo su una rassegna prestigiosa dando opportunità ai giovani e non solo, di vivere il teatro vuole dire qualcosa?
“Bravi, bravi, bravi. Vengo per la prima volta a Reggio e spero sia la prima di una lunga serie. Quando chiuse a Milano il teatro Smeraldo per diventare un supermercato, dissi a Farinetti che quando chiudono i teatri siamo alla deriva, qualcosa non funziona perché abbiamo più necessità di teatri e luoghi per stare insieme che di supermercati. Luoghi che hanno visto generazioni di artisti succedersi sul palco non possono chiudere, non devono morire. Avete il futuro in mano voi quindi, Officina dell’Arte vai avanti così”.