L’immagine del Ponte Morandi di Genova dopo la tragedia dello scorso agosto è una ferita aperta per tutta l’Italia.
Un’altra piaga del Bel Paese che affonda le sue radici in Calabria, ma che allarga i suoi tentacoli in più parti del territorio nazionale è la ‘ndrangheta.
Raffaele Cantone, presidente di Anac, qualche mese fa aveva sottolineato il rischio che la più pericolosa tra le organizzazioni criminali europee potesse infiltrarsi nei lavori per la ricostruzione del viadotto. Lo aveva detto in uno scenario istituzionale, ossia la Commissione Trasporti della Camera. Un rischio ampiamente condiviso dal procuratore nazionale Antimafia Federico Cafiero De Raho che ha trascorso diversi anni in servizio a Reggio Calabria.
Ponte Morandi: perché si teme il rischio ‘ndrangheta
A rilanciare il ruolo della criminalità calabrese nel territorio ligure è il Sole 24 ore che rilancia il fatto che, nei documenti della Direzione investigativa antimafia, esiste un fasciolo dedicato alla ‘ndrangheta in Liguria.
Riciclaggio di denaro attraverso i settori dello smaltimento rifiuti e del movimento terra, questa la “mission” delle ndrine in Liguria che sarebbero “leader” nel settore delle demolizioni.
La Procura Distrettuale Antimafia di Genoa, sottolinea Il Sole 24 ore, parla di “capillare infiltrazione” della cosca Raso-Gullace-Albanese, provenienti da Cittanova (Reggio Calabria”.
Si occupano di “grandi opere, movimento terra, edilizia, smaltimento e trasporto di rifiuti speciali” e quale migliore occasione per far valere la propria leadership se non l’abbattimento e la ricostruzione del Ponte Morandi?
La ‘ndrangheta, secondo Cafiero De Raho, avrebbe messo le mani persino sui lavori del Terzo Valico (linea ad alta velocità tra Genova e Milano) preparandosi il terreno finanziando anche i comitati del fronte “Si Tav”.