di Grazia Candido – Il presidente nazionale del Comitato per i problemi del Mezzogiorno e delle Isole dell’Ance Francesco Berna, non ha dubbi e nella sua visione di sviluppo vede “l’edilizia come settore trainante per il superamento della crisi”.
Oggi, c’è una fortissima necessità di far ripartire l’edilizia a livello locale e nazionale e la spinta deve arrivare dal Sud. Questa spinta c’è stata?
“No, purtroppo, la spinta non c’è stata. Il Sud deve ripartire ma per poterlo fare occorrer accelerare le procedure di investimento nel Mezzogiorno per la spesa che va molto a rilento soprattutto, nel settore infrastrutturale. Il paradosso è che c’è grande mole di investimenti pubblici ma bassa capacità di spesa. Poi, a causa di tutti quelli che sono i lacci e lacciuoli burocratici, per realizzare un’opera pubblica di media dimensione ci impieghiamo addirittura 15 anni mentre, per un’opera di piccola dimensione ci impieghiamo 5, 6 anni. La cosa necessaria è ridurre al minimo i tempi di attraversamento e lo si può fare solo intervenendo a livello normativo nazionale. In questo momento, le norme che ci sono per i lavori pubblici sono farraginosissime ed invece di far agevolare gli investimenti, li bloccano. Quindi, dobbiamo andare verso una riduzione delle normative che creano solo vincoli e in primis, va fatta una revisione totale del Codice degli Appalti che, in Italia, si è rivelato fallimentare”.
Addirittura fallimentare il Codice degli Appalti?
“Il Codice intervenire su una serie di aspetti normativi che incidono su situazioni prima ancora di realizzare le opere. Il Codice degli appalti e dei Contratti pubblici che interviene nella fase dell’appalto, disciplina i contratti della pubblica amministrazione per eseguire opere pubbliche, svolgere servizi e reperire le forniture utili a perseguire i fini istituzionali degli enti pubblici e anche alle procedure di scelta del socio privato di società pubbliche. A livello normativo, dobbiamo intervenire per quanto riguarda le necessarie autorizzazioni che servono prima ancora dell’appalto: magari si riduce la quantità delle autorizzazioni che servono ma si mettendo i controlli in corso d’opera. Insomma, servono procedure autorizzative snelle”.
Sul nostro territorio c’è enorme necessità di opere pubbliche e infrastrutture ma nulla si muove. Perché?
“Perché non c’è un comune intento. Noi avremmo la possibilità di sfruttare le straordinarie bellezze naturali, il vasto patrimonio culturale e artistico che, però, non è fruibile a causa della mancanza di infrastrutture di collegamento. Abbiamo bisogno di aeroporti, ferrovie e strade efficienti. Abbiamo cominciato con il completamento della Sa-Rc riducendo un poco il problema ma resta la Statale 106 che è completamente ferma all’età borbonica. L’aeroporto reggino ha pochissimi voli charter e questo non consente l’incremento di presenze in città. Idem per le ferrovie, l’alta velocità si ferma a Salerno. In poche parole, potremmo avere tantissimo ma ai fatti, abbiamo poco o nulla”.
La piaga del Mezzogiorno è l’occupazione e Reggio Calabria in questo momento ha fame di lavoro. Non crede che il lavoro potrebbe essere l’unico antidoto alla crisi sociale dilagante?
“Certamente. L’edilizia deve essere messa al centro e devono ripartire i lavori delle opere infrastrutturali anche all’interno della città. Dobbiamo avere un sistema di trasporti impeccabile e garantire alla comunità i servizi minimi”.
Come vede il futuro di Reggio?
“Reggio Calabria è una bellissima città con potenzialità impressionanti ma manca la capacità di spesa. Dobbiamo riuscire a trasformare l’abnorme quantità di risorse in progetti e la classe politica deve assumersi la responsabilità di ottimizzare la burocrazia. Oggi, possiamo dire che più che efficienza amministrativa, ci scontriamo contro l’inefficienza amministrativa”.
C’è un progetto che le piacerebbe si realizzasse a breve termine in città e in Calabria?
“Per Reggio avrei voluto che si realizzasse il Waterfront dell’archistar Zaha Hadid, un grandissimo progetto che, purtroppo, è parcheggiato e potrebbe essere un’importante attrazione per la città. E’ come avere un Picasso chiuso in cantina invece di esporlo. La Calabria ha necessità di puntare su due settori strategici, quello dell’edilizia e il settore turistico e agro-industriale visto che abbiamo delle eccellenze importantissime come il bergamotto o nel cosentino gli agrumi, che ci invidiano tutti”.