di Grazia Candido – Matteo è un bambino vivace, ha 5 anni e come tutti i bambini, ama giocare, correre, andare a mare, scoprire il mondo. Il suo di mondo, ancora oggi, non è ben capito dagli adulti perché Matteo è un bimbo autistico e pur essendo la nostra una società apparentemente evoluta, scopriamo storie molto diverse, modi di vivere la patologia differenti, scelte opposte, incontri giusti e sbagliati, speranze comuni e silenzi che ci fanno riflettere e, spesso, vergognare.
“Il mio Matteo non ha nessuna anomalia organica né ritardo genetico, è un bimbo sanissimo. Quando è nato sembrava che andasse tutto bene, qualche dottore mi accusò pure che ero depressa e che il mio stato condizionava il bambino. Ma io mi ero accorta che c’era qualcosa di strano. A due anni, fu accertata la diagnosi, conobbi l’autismo e stordita dal dolore chiesi: perché al mio Matteo? – racconta mamma Angela – Insieme a mio marito e alla mia famiglia, ho subito realizzato che di autismo non si guarisce, non è una malattia che si cura con un farmaco e non si conoscono le cause ma essendo una disabilità comportamentale e relazionale che impedisce un’integrazione nella società se diagnosticato in tempo e trattato nel modo migliore, ha un margine di miglioramento altissimo. Il mondo che si occupa di questi problemi in modo tradizionale non fa nessuno sforzo per darti una speranza, una prospettiva. E nemmeno la tua Regione se ne occupa”.
Angela è arrabbiata giustamente perché “lo scorso 2 ottobre, si è riunito il Consiglio regionale per discutere del decreto 57 ed erano presenti tutte le associazioni che sostengono la battaglia autismo ma il provvedimento non è stato neanche considerato dai nostri amministratori. Più passa il tempo, – continua rammaricata – più mi rendo conto dell’indifferenza totale da parte delle istituzioni regionali calabresi. Comprendo la mancanza di fondi anche se credo che alla base ci sia un’assenza di volontà, ma non posso accettare che nessun politico prenda visione del problema e non trovi la strada per aiutare i nostri figli”.
Angela Villani è una mamma che lotta non solo per il suo di bambino ma per tutti quelli ai quali è stato diagnosticato l’autismo e per le loro famiglie che vorrebbero uscire da questo empasse. E si può uscire solo grazie a persone con lo sguardo più largo verso un percorso riabilitativo.
“Non è una malattia ma una neurodiversità cioè un ritardo a livello cognitivo, un ritardo che si può colmare attraverso delle terapie mirate, terapie comportamentali che aiutano il bambino ad acquisire delle autonomie e il senso della relazione – spiega Angela – Il deficit più grande degli autistici è il relazionarsi col mondo. Non è vero che non vogliono essere toccati o abbracciati. Mio figlio dà tantissimi baci, è un bimbo affettuoso, non è assolutamente aggressivo. I bimbi autistici devono avere la possibilità di scoprire il piacere della relazione ed iniziare a comunicare anche perchè a livello sensoriale, loro sono molto più sensibili rispetto a noi”.
Parlare con Angela non è semplice, vieni travolto dalle sue parole cariche d’amore e dolore perché, diciamolo, nessun bambino dovrebbe mai soffrire e la sofferenza di un dolce scricciolo è umanamente inaccettabile, ma questa mamma guerriera ha una certezza: “una diagnosi precoce riduce un po’ lo stratificarsi dell’autismo”.
“Matteo è la cosa più bella della mia vita, lo amo tantissimo. La mattina mi abbraccia, mi bacia, fa il monello, corre, salta ma, alla fine, mi conquista sempre. Era un muro, ora ci guarda e in questi 3 anni ha fatto un percorso grazie al quale interagisce con il mondo, a modo suo ma ce la fa. Non parla, non ha mai detto mamma ma con i gesti si fa capire – spiega Angela – Si può avere un recupero importante e già dal 18° mese, si può intervenire con delle terapie comportamentali molto costose e sfiancanti sia per il bimbo che per il genitore. Ogni soggetto autistico ha un suo percorso individuale e non tutti possono spostarsi nei centri al Nord per poter curare i loro figli. Io, come tanti altri genitori, pago le terapie di Matteo e non ho vergogna nel dire che non navigo nel benessere, ho dovuto lasciare il lavoro per poter seguire il mio bambino che ha il diritto di essere assistito, aiutato. Vivo con Matteo 24 ore su 24 e lo accompagno in ogni fase della sua vita compreso la scuola. Anche qui, c’è un buco nero: per i nuovi Lea (livelli essenziali di assistenza) negli articoli n. 3 e 60 della legge 134 del 2015 è spiegato in maniera dettagliato tutto il programma riabilitativo che coinvolge i bimbi autistici, i genitori, gli insegnanti. Ma ancora oggi, non c’è la preparazione giusta per affrontare l’autismo e gli insegnanti di sostegno sono impreparati a fronteggiare un lavoro che invece, dovrebbe essere fatto con i genitori, il terapista, l’educatore. Se non si fa rete si rischia di far regredire il bambino”.
Nel suo racconto Angela ci fa entrare in quel tunnel buio dove è difficile trattenere le lacrime però, grazie a persone come lei, si intravede una tenue luce che ti indica la via d’uscita: studiare, lottare, ascoltate l’istinto, scavare nelle ferite invisibili, urlare a chi governa per scuotere le coscienze e, finalmente, produrre, creare strutture per i più bisognosi.
“Se la Regione Calabria è indifferente e non si occupa del decreto 57 col quale si può andare incontro a tutti i soggetti autistici allora vuol dire che non ama i suoi figli. La Regione ha il dovere di garantire piani sanitari regionali, che dovranno contenere progetti, azioni programmatiche e altre iniziative per la prevenzione, la cura e la riabilitazione dei soggetti affetti da disturbo dello spettro autistico. Il mondo dell’autismo non è importante per la Regione Calabria ma chi sta al potere, non ha capito che se oggi aiuta un bimbo autistico avrà un domani un adulto integrato che non peserà alle casse dello Stato. Molti genitori pensano: “cosa faranno i nostri figli quando non ci saremo più? Io non posso pensare al “dopo di noi” ma all’oggi perché altrimenti non ci sarà nemmeno quel dopo di cui ho tanta paura”.
Angela fa un appello accorato per abbattere due muri, quello dell’ignoranza perché molti ancora non conoscono l’autismo e quello dell’indifferenza di una “Regione sorda che non garantisce i servizi”.
“I nostri amministratori devono capire che l’autismo non tocca solo le nostre case potrebbe toccare un giorno anche le loro – conclude Angela – L’autismo non è un problema di Matteo, Giovanni, Alessia, Marco. E’ un problema di tutti. Non perderò mai la speranza, lotterò fino a quando avrò la forza perché i miglioramenti spesso impercettibili si realizzano con un lavoro costante. Non occorre prendersela con il mondo intero, spendiamo le nostre energie per aiutare i nostri figli e concretizzare i loro diritti”.
Un giorno, forse, Matteo parlerà, lo speriamo tanto, e la nostra certezza è che le sue prime due parole saranno “grazie mamma”.
Un grazie che merita Angela, questa donna minuta fisicamente ma terribilmente forte che, nonostante le innumerevoli difficoltà, non si arrende alla “bestia” autismo e combatte per un mondo più giusto, combatte per proteggere quell’amore così puro e tenero chiamato Matteo.