I recenti finanziamenti decisi dal Cipe per il Meridione e quindi anche per la Calabria, costituiscono un piccolo sollievo- se bene e rapidamente spesi- riguardo la realizzazione o il completamento di lavori infrastrutturali, da tempo programmati o in fase di lenta realizzazione come la A3 Salerno-reggio
Calabria e la 106 ionica. La città di Reggio in particolare ne beneficia per alcune iniziative delle quali si è sentito parlare di tanto in tanto sulla stampa ma che vanno approfondite da parte di quei cittadini che possono dare un proprio contributo per la specificità della loro competenza. Crediamo sia un diritto di tutti partecipare alle scelte che modificano il territorio apportando, si spera, adeguamenti e innovazioni che vadano nel senso di aumentare la quantità di servizi e valorizzare il patrimonio ambientale,urbanistico e architettonico esistente. E’ quanto ci si aspetta dal lavoro degli uffici tecnici comunali e/o dagli eventuali progettisti incaricati dalla nuova amministrazione o, a seconda dell’ importo dell’appalto, con trasparenti e chiare gare per la progettazione e l’esecuzione dei lavori.
In particolare mi preme fare una precisazione che d’istinto avrei fatto subito, all’epoca della recente campagna elettorale comunale, allorché apparve sulla stampa la diatriba per avere la paternità -tra due importanti schieramenti avversi- dell’idea della “rimozione” (o termine simile), dell’ attuale Stazione centrale , per la realizzazione di un nuovo sistema ferroviario proprio all’altezza della stazione stessa. Certamente si trattava di imprecisa divulgazione in quanto non si potrebbe pensare che la stazione di Reggio Calabria, progettata e realizzata da un noto architetto razionalista cui se ne devono altre in Italia,fosse trattata peggio dei Gazebo della bassa Via Marina o del tempietto sul Lungomare, che i reggini conoscono bene, tuttora pervicacemente conservati in stato di perenne degrado e da più parti oggetto di pesanti e reiterate critiche. E’,ad esempio di Angelo Mazzoni la stazione di Siena, situata in piazza Carlo Rosselli, principale scalo ferroviario della città toscana, inserita nella categoria “gold”da RFI del network di CentoStazioni,cui credo, sia assegnata quella di Reggio.Certo nessuno si è sognato di abbattere o modificare,nel corso di lavori di ammodernamento, l’ avancorpo monumentale con l’ imponente porticato e l’ atrio di 12mila mq. dell’ala mazzoniana della stazione Termini di Roma, né credo esista nel mondo un architetto o un ingegnere che, pur avendo un lontano ricordo della storia dell’architettura studiata all’Università, si possa cimentare a fare il demolitore.Specie in tempi in cui Soprintendenze e Ministero Beni culturali hanno esteso le loro competenze di tutela proprio sull’architettura contemporanea, e in particolare su quella italiana del Ventennio, cui si dedicano ricerche,studi e mostre, oltre che interventi di recupero e valorizzazione.
La stazione mazzoniana di Reggio è tra quelle che si trovano nei testi più aggiornati di storia dell’architettura e, ovviamente, negli studi curati dall’Ateneo reggino che può annoverare varie pubblicazioni di propri docenti che hanno studiato e inquadrato storicamente questo e altri manufatti qualificanti la ricostruzione della città di Reggio dopo il terremoto del 1908, da poco ricordato dall’Amministrazione civica e dall’Università con un importante evento nelle sale di villa Genoese Zerbi.
E a proposito di stazioni e ferrovie non si comprende la soddisfazione espressa da vari esponenti politici calabresi per il finanziamento di lavori ferroviari sempre sulla tratta sulla Salerno – Reggio Calabria che si continua a non adeguare all’alta velocità, perseverando nella divisione tra due Italie, con la Roma – Milano che va verso le tre ore o meno e la tratta, quasi pari in chilometri, Roma – Reggio Calabria che, oltre a contemplare minimo sei ore e un quarto con i vecchi e poco igienici eurostar, ci illude che si possa risparmiare qualche altra manciata di minuti prendendo uno pseudo treno “fast” che sarebbe riciclabile come oggetto da parco divertimenti per l’impossibilità di tenere una velocità leggermente superiore, su rotaie inadeguate, pagando un supplemento di biglietto assurdo e lasciando i viaggiatori con la nausea e il mal di testa alla discesa.
Il coraggio di investire nell’alta velocità al sud sarebbe stata la vera conquista e non certo lavori arretrati di normale e dovuta manutenzione per la sicurezza dei viaggiatori che da anni ad esempio a Cannitello, di fronte al bellissimo stretto di Messina,vedono il treno andare come una lumaca per timore del ripetersi di frane. E la messa in sicurezza del territorio dissestato dove la mettiamo? Allora siamo ottimisti con moderazione e incitiamo chi di dovere a fare scelte autenticamente coraggiose per il reale sviluppo del nostro territorio.
Marisa Cagliostro
(Docente universitario)