di Clara Varano – All’età di 103 anni, Rita Levi Montalcini, scomparsa poche ore fa, lascia un vuoto, con la sua morte, incolmabile per tutta l’Italia.
Nata a Torino il 22 aprile 1909 la scienziata piemontese nonostante l’età era ancora attiva e piena di interessi. L’abbiamo vista più volte esprimere la sua opinione in parlamento dove ricopriva il ruolo di senatore a vita, quando c’era una decisione importante da prendere. L’abbiamo vista sempre manifestare, senza nessuna censura, il suo punto di vista, con un impegno civile raro. Lotta contro le mine antiuomo, a favore della leadership femminile mondiale. Sguardo fiero, sicura di sé, ma con un sorriso lieve che la rendeva amabile. Una donna piena di energia e di una vera modernità femminile da far impallidire le giovani di oggi. Una modernità fatta di consapevolezza, cultura e coraggio. Una sete di sapere ed un desiderio di divulgarlo che l’ha tenuta sui libri fino all’ultimo giorno.
Andando contro tutte le opinioni dell’epoca cui apparteneva decide di studiare medicina e di dedicare la sua intera esistenza a quel mondo. A 20 anni, nel 1930, entra nella scuola medica dell’istologo Giuseppe Levi. Laureata cum lode sei anni dopo, la sua carriera viene turbata dalle leggi razziali di blocco delle carriere accademiche e professionali a cittadini italiani non ariani di Benito Mussolini. Costretta a rifugiarsi, vista la sua discendenza giudaica, in Belgio, prosegue qui, con Giuseppe Levi, i suoi studi e poco prima che il Belgio fosse invaso dalle truppe tedesche, tornata in Italia, allestisce nella sua camera un laboratorio casalingo, dove prosegue i suoi esperimenti. La guerra però non le dà tregua e profuga nella sua stessa terra, a Firenze entra in contatto con le forze partigiane del Partito d’Azione e poco dopo diviene medico delle forze alleate. La sua corsa nella medicina, però la conduce nuovamente in laboratorio dove, con impegno ed abnegazione, arriva alla scoperta ed all’identificazione del fattore di accrescimento della fibra nervosa o NGF, che anni dopo le varrà l’assegnazione del premio Nobel.
Compagna di università e di avventura scientifica di altri due premi Nobel, Salvador Luria ed il catanzarese Renato Dulbecco. Proprio il suo rapporto di profonda amicizia con Dulbecco, collega ed amico di una vita, crea un forte legame tra la scienziata ed il capoluogo calabrese che durava da moltissimi anni. Il connubio Catanzaro-Rita Levi Montalcini inizia con l’apertura nella città calabrese di un centro della “Fondazione Montalcini” per il quale, nel 1993, le viene conferita la cittadinanza onoraria e finisce oggi, giorno della sua scomparsa. La stessa Fondazione Montalcini a Roma, ha sede in via Catanzaro.
E se sono ancora impresse nella mente dei più, le sue parole di addio, nel Febbraio scorso, all’amico Renato Dulbecco, “Uno dei più grandi protagonisti nella storia della medicina moderna del ‘900 del nostro Paese e a livello internazionale. L’intera comunità ha perso una figura scientifica illustre e di grande spessore umano. Il suo ricordo rimane indelebile per quanti lo hanno conosciuto e ne hanno potuto apprezzare le alte doti morali e intellettuali e di eminente scienziato”, queste sue stesse parole oggi, potrebbero certamente essere il degno saluto per una delle più grandi, forti ed intelligenti donne che l’Italia abbia mai avuto, in questo e nello scorso secolo.