di Marina Malara – «Questa operazione rappresenta la risposta forte dello Stato alla recrudescenza degli attentati di stampo mafioso che si era registrata a Reggio Calabria». Il Questore Raffaele Grassi stavolta non teme critiche a queste sue parole. Perché i fatti sono sotto gli occhi di tutti. Un sistema quello sgominato, in parte, stamattina, che si conosceva già ma andava indagato e certificato. «Viene dimostrato così – ha aggiunto il questore Grassi – che lo Stato, di fronte all’arroganza delle cosche, c’è, reagisce e non arretra. Anzi attacca, attraverso le sue articolazioni sul territorio di Reggio Calabria». Il procuratore della Repubblica Federico Cafiero De Raho parla di attività investigativa di grande livello: “ Se l’operazione Araba Fenice aveva dimostrato che i lavori di manutenzione e ristrutturazione dovevano essere fatti da determinate imprese stabilite dalla ‘ndrangheta, oggi, con questa operazione, si dimostra che in questa città si apre un esercizio commerciale solo se la ‘ndrangheta vuole e consente e questa decide anche chi deve essere assunto a lavorare in quell’esercizio” . «Da questa indagine – ha detto ancora De Raho nel corso della conferenza stampa – emerge uno spaccato in cui la ‘ndrangheta, dopo le “guerre” che hanno insanguinato la città, ha trovato nuovi equilibri, riuscendo a trovare accordi che prima portavano agli omicidi. Esiste una ‘ndrangheta unitaria che continua a disporre tutto ciò che avviene. L’unità su Reggio viene decisa e mantenuta da livelli superiori a quelli che riguardano i quartieri”. De Raho fa poi uno specifico riferimento alla tipologia di imprenditori a cui appartengono Nucera e Remo, proprietari del bar in questione: “sono imprenditori collusi e compiacenti, ben diversi da quelli che sono vittime, che subiscono e pagano. Qui c’è proprio la ricerca di un accordo che riconosce potere alla ‘ndrangheta. Anche in ordine alle assunzioni. La ‘ndrangheta regolamenta il diritto al lavoro che le altre persone per bene non riescono ad avere. Questo meccanismo va spezzato,e noi dobbiamo estrometterla da tutto ciò”.
Si comportavano come se fossero i detentori di una specie di potere istituzionale che si arrogavano di esercitare e che lo stato si riprende, come ha evidenziato il Dott. Francesco Ratta in conferenza. 250 uomini hanno operato durante l’operazione stanotte soprattutto nel quartiere Santa Caterina. E stavolta finisce in manette l’ultimo dei tre fratelli De Stefano, Dimitri, che dopo l’arresto di Giuseppe e Carmine, era rimasto unico in libertà, lui che fino ad oggi era riuscito a non fare la fine dei fratelli. Ma, ha spiegato De Raho, adesso evidentemente lui si muoveva in rappresentanza famiglia via via che si arrestano i fratelli. E non dimentichiamo he era sempre lui ad andare in carcere a trovare il fratello Giuseppe, capo crimine secondo gli inquirenti.