L’Accademia dei Saperi Creativi intitola a don Italo Calabrò un’aula per “non dimenticare il sacerdote degli ultimi”.
di Grazia Candido –
“Era un uomo mite ma molto esigente. Ha scelto di dedicare la sua vita agli altri, agli ultimi dando a questi anche la sua casa e suoi spiccioli. Don Italo Calabrò era il prete di tutti che, in un periodo difficile per la città di Reggio Calabria, impegnò le sue energie per tenere accesa la fiammella di speranza e continuare a portare amore in quei luoghi intrisi di barbarie mafiosa”. Lo ricordano così i suoi figli, quelli che sono cresciuti con i suoi preziosi insegnamenti e che questo pomeriggio si sono ritrovati all’Accademia dei Saperi Creativi Pentakàris a Gallina dove il suo presidente Martino Parisi ha intitolato una delle aule studio al sacerdote reggino. E non poteva mancare don Ercole La Cava, un “fedelissimo” di don Calabrò che lo “mandava in tutti i luoghi più sperduti per dire messa e portare la parola di Dio sino in cima alla montagna”.
“Don Italo era un sacerdote antimafia sempre accanto agli ultimi – afferma don Ercole – E’ stato solidale con i sofferenti e non inseguiva per indole, nessun tipo di riconoscimento. Rifiutò pure la nomina di vescovo perché il suo compito era quello di stare vicino ai meno fortunati, insegnare la condivisione e non far addormentare le coscienze. Don Italo ha sempre amato gli emarginati e i senza voce”.
Ma teneva molto anche ai ragazzi e a loro dedicò alcuni dei suoi progetti perchè “aveva capito che senza cultura non si andava da nessuna parte” – continua Mimmo Nasone dell’Associazione Libera – “e inventò la casa dello studente per dare ai giovani di Reggio un’opportunità. Se Libera esiste oggi è grazie a questo sacerdote che, negli anni, ha seminato e nella logica della condivisione, ci ha riunito, ascoltato e costretto a prenderci le nostre responsabilità. Ci ha fatto diventare gli uomini che siamo. Quello che aveva lo metteva a disposizione degli altri: la sua casa è la sede di Libera e dell’Agape”.
Per Mario Nasone del Centro Comunitario Agape “la grandezza di don Italo era nell’esempio e non nella predica, perché era capace di ridurre al minimo la distanza tra ciò che si dice e ciò che si fa. L’anno prossimo saranno 25 anni dalla sua scomparsa e mi piacerebbe creare un calendario di iniziative per ricordare l’uomo, parlare del sacerdote, farlo conoscere a chi non ha avuto il tempo di farlo”.
Entusiasta il professore Parisi che nell’intitolazione del salone dell’Accademia dove spicca un bellissimo dipinto di don Italo realizzato dall’artista Davide Ricchetti, vede “un atto dovuto ad una professionalità di grande carisma che ci ha dato degli insegnamenti forti e profondi. Leggi che eseguiamo ogni giorno e divulghiamo ai nostri ragazzi che devono credere nella cultura, nella formazione, nell’amore verso gli altri. Insieme possiamo creare una tipologia di cittadinanza consapevole, attiva e che non si ferma di fronte alla rassegnazione. Io ho conosciuto don Italo da bambino, sono cresciuto in un orfanotrofio per 17 anni e quando compì 22 anni, il mio maestro di vita mi volle accanto a sé dandomi la responsabilità di una casa di disagiati. Lì c’erano ragazzi con un passato molto forte di tossicodipendenza, malavita e diventai per loro un tutor divulgando gli insegnamenti che don Italo ha dato a me. Questa esperienza mi ha rafforzato, mi ha fatto diventare quel padre che ama ascoltare i suoi figli, i suoi alunni e quelle persone che hanno qualcosa da raccontare in più di noi perché forse, le cicatrici che portano addosso sono più profonde di quei piccoli tagli che ognuno di noi ha”.