di Stefano Perri – Si è verificata questa notte a Reggio Calabria la barbara aggressione omofoba ai danni di un ragazzo omosessuale di fronte ad un noto locale del pieno centro cittadino.
A farne le spese Claudio Toscano, giovane che si trovava intorno alle due di notte proprio all’interno del locale nei pressi del Teatro Cilea di Reggio Calabria, quando è stato insultato insieme ai suoi amici e successivamente aggredito in maniera deliberata.
Un episodio che ha dell’incredibile ma che purtroppo rivela quanto ancora sia radicato il disvalore dell’omofobia anche in un Paese, l’Italia, che nonostante tutto continua a definirsi civile.
Ricostruiamo i contorni della vicenda proprio grazie al racconto di Claudio, affidato ad una nota diffusa dall’Associazione Arcigay ”I due mari” di Reggio Calabria:
Un ordinario venerdì sera, come tanti: Claudio era con il suo gruppo di amici in un locale in cui settimanalmente ci sono spettacoli Drag e dove spesso il comitato Arcigay I Due Mari, di Reggio Calabria, è stato ospitato per allestire il banchetto informativo.
Mentre erano di fronte all’ingresso del locale, alcuni ragazzi che passavano su una macchina li offendevano utilizzando termini omofobi, quali “ricchione di merda”. Pochi minuti dopo lo stesso gruppo di persone, sceso dalla macchina, si avvicina a Claudio ed al suo gruppo con aria di scherno e fare minaccioso, intimando allo stesso il silenzio. Claudio non reagisce alle provocazioni verbali, ignorandoli, ed uno dei tre, l’unico che non aveva minimamente proferito parola, gli sferra un pugno al viso , colpendo naso ed orbita. Gli altri presenti non hanno nemmeno avuto il tempo di prevedere l’azione, in quanto Claudio non ha fatto alcun gesto che potesse giustificare un’aggressione fisica. Un pugno senza motivo, giusto perché probabilmente non c’era nulla da fare. Un pugno diretto a provocare dolore, non solo fisico. Un gesto per far comprendere alla “comunità dei Ricchioni” che di loro si può fare ciò che si vuole, perché qui non gli è riconosciuta dignità di persone.
All’1:47 arriva la telefonata ad un volontario Arcigay “Hanno tirato un pugno a Claudio, sta grondando sangue, abbiamo chiamato la polizia”
Necessaria la Polizia perché la violenza del colpo ha fatto quasi perdere i sensi a Claudio che è stato portato subito nel bagno del locale, grazie anche all’intervento del barman che, di striscio ha preso il colpo ed ha fermato l’aggressione. Ci domandiamo altrimenti dove e se si sarebbe fermata.
Gli agenti hanno raccolto la dichiarazione (gli aggressori si erano già allontanati), inizialmente straniti, si sono poi messi a completa disposizione. Claudio è stato forte ed ha insistito per far scrivere nel verbale che questa è stata un’azione omofoba e che la violenza nasceva dal suo essere omosessuale. Dicendo agli amici “non è per me che reagisco, ma per gli altri…”.
Finite le formalità siamo andati al pronto soccorso dell’Ospedale di Reggio Calabria (Ospedali Riuniti), dove Claudio è stato visitato. L’esito: fratture multiple al naso e spostamento del setto nasale, perciò necessario ricovero.
Non è finita qui. Mentre eravamo in sala d’aspetto, nel tempo trascorso tra la visita, la tac ed il risultato, Claudio ci raccontava cosa gli era stato detto ed i “consigli” che gli sono stati dati. L’infermiere presente durante la visita, appena ha saputo dell’omosessualità di Claudio, ha iniziato a dispensare le sue perle di saggezza, dicendo “te la presento io una bella ragazza e poi vedi” ed anche “ti porto da un bravo psicologo che ti guarisce”. La persona in questione forse ha dimenticato, o mai saputo che da tempo (precisamente dal 1973) l’Organizzazione Mondiale dell Sanità ha cancellato l’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali: “non è una malattia, non è nulla da cui dover guarire”.
Ci domandiamo, al di là della forza di Claudio, quanto ancora dobbiamo subire, non solo da parte di persone ignoranti, grette e vigliacche, ma anche e soprattutto da chi è preposto e pagato per dare soccorso, che non sa nemmeno accogliere, e quindi gestire, casi di questo tipo.
Claudio ieri sera è stato aggredito due volte.
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Diverse le reazioni di indignazione pervenute in seguito all’accaduto. Di seguito pubblichiamo le dichiarazioni del giovane Vincenzo militante dell’Arcigay di Reggio Calabria e studente all’Università Mediterranea:
“Da anni la libertà amorosa e la pubblica dichiarazione del proprio orientamento sessuale sono largamente riconosciute. Sono scomparse le figure della ragazza madre e del «finocchio» costretto nel suo ghetto. ” Da queste parole sono passate poche settimane, parole dette da una persona di “spicco” che rimarcava come ormai la situazione sia “tranquilla”, come in Italia quasi non esista più l’omofobia, e come gli omosessuali, le lesbiche, i trans e tutta la comunità lgbtqi possa vivere tranquilla in quello che sembra un paese sano e contro ogni tipo di discriminazione, sessuale e razziale. La notte scorsa, abbiamo avuto l’ennesima riprova che l’omofobia è ancora insita nella mente di alcuni, di molti italiani, causata dall’ignoranza, dalla violenza o semplicemente dalla paura di ciò che è diverso. La notte del 14 aprile è stata Reggio Calabria teatro di un’ aggressione a un membro della nostra comunità; un giovane ragazzo omosessuale, che insieme ai suoi amici all’ingresso di un locale, dove settimanalmente ci sono spettacoli drag queen e dove si esibisce a volte anche lui, è stato insultato pesantemente da alcuni ragazzi all’interno di una macchina che passava li di fronte, sentendosi dire “ricchione di merda”. Troppo spesso anche per scherzare, sentiamo i ragazzi etero insultarsi fra di loro dandosi del gay o del ricchione, ma altrettanto spesso lo scherzo sconfina nell’ignoranza e nell’omofobia, come è avvenuto quando i ragazzi dopo gli insulti fatti da dietro lo sportello di una macchina sono scesi dal veicolo avvicinandosi al gruppo di ragazzi appena insultati, e come in seguito passare anche alla violenza fisica con uno dei tre che sferra un pugno al viso di ragazzo gay, colpendo naso e orbita. L’intervento delle forze di polizia è quasi immediato. Dopo aver rilasciato la dichiarazione alle forze dell’ordine il ragazzo è stato portato presso l’Ospedale di Reggio Calabria (Ospedali Riuniti), dove al danno si aggiunge la beffa, la doppia aggressione, fisica e morale. L’infermiere di turno saputo dell’omosessualità del ragazzo gli fornisce la “possibilità di guarire”, mandandolo da un “bravo” psicologo o dando come consiglio quello di trovarsi una ragazza al fine di evitare questi “incidenti”. Esito del referto, fratture multiple al naso e spostamento del setto nasale, questi sono ovviamente solo i danni e le lesioni fisiche. La vicinanza al ragazzo oggetto dell’aggressione è stata, la scorsa notte e continua ad essere ancora molto forte, da parte di tutta la comunità reggina. Forte è anche la rabbia di chi come lui vive la propria sessualità a testa alta, di chi giorno dopo giorno si batte per far fare passi avanti ad un paese che ormai sembra essere sull’orlo di un baratro. Nonostante L’Italia sembri un paese liberista e “tollerante”, con tentativi forse non troppo forti da parte di alcuni membri delle nostra classe politica per l’approvazione di una legge contro l’omofobia, il nostro paese sembra fare ormai dell’omofobia quasi il suo vello d’oro, o almeno lo è di quella classe politica che finge vada tutto bene, che non ci sia bisogno di una legge che tuteli le persone come il ragazzo aggredito, e come lui tanti altri. Ciò che è accaduto la scorsa notte è un perfetto sunto di come le cose vadano in realtà, di come sia consentito di ledere la dignità di ciascun individuo, semplicemente per il suo orientamento sessuale, per la libertà e il libero arbitrio che ogni essere umano ha di amare un’altra persona, che sia dello stesso sesso o meno. Ci si chiede come nel nostro paese la conquista di quei diritti, che già esistono ma non ci vengono riconosciuti, sia ancora cosi lontana, di come una persona all’interno di un ospedale invece di prestare soccorso oltre che dal lato medico dal lato umano, possa esporsi in esternazioni di questo tipo. La persona in questione forse ha dimenticato, o mai saputo che da tempo (precisamente dal 1973) la scienza medica e psichiatrica ha stabilito che l’omosessualità non è una malattia, non è nulla dal quale dover guarire. L’omofobia è ancora una volta uno dei tanti tumori che avvelenano il nostro paese, che lo spingono alla morte culturale, civile e politica, un qualcosa che va combattuto con ancora più forza e decisione, da una comunità che non è debole, che non è una minoranza e che non lotta da sola, che ogni giorno vive la propria sessualità alla luce del sole, che scende in piazza, per l’autodeterminazione dei propri diritti”.