A poco più di 40 giorni dall’insediamento quale dirigente del Dipartimento Cultura, Ricerca, Università della Regione Calabria, facente capo all’assessore Mario Caligiuri, Massimiliano Ferrara,
38enne docente universitario reggino apprezzatissimo dalla comunità scientifica internazionale, fa un primo punto sulle attività svolte e che hanno portato la Calabria sotto i fari di una ribalta per una volta buona
Quale è l’operazione della quale siete maggiormente soddisfatti?
Certamente quella relativa ai dottorati di ricerca, fortemente voluta dal Presidente Scopelliti e dall’assessore Caligiuri. Non accade tutti i giorni che la Regione, attraverso un programma lungimirante, impegni 14 milioni di euro. Si tratta di un’iniziativa che mira a sostenere le Università calabresi in un momento difficile su scala nazionale al fine di consentire ai giovani ricercatori di poter affrontare un percorso di dottorato di ricerca triennale in Calabria ed un post-dottorato biennale. La cosa innovativa sta nel fatto che una parte di queste esperienze vincola triennio e biennio ad un soggiorno all’estero che va dai 12 ai 18 mesi presso prestigiosi centri di ricerca, caratterizzando, così, il percorso per una fortissima internazionalizzazione.
L’iniziativa è nobile e lodevole. Ma gli obiettivi a medio-lungo termine quali sono?
Così blocchiamo la fuga di cervelli bandendo dei dottorati e poi offriamo loro la straordinaria possibilità di un percorso di studi all’estero per creare un bagaglio di conoscenze da reutilizzare, poi, in Calabria. La nostra regione, alla fine dell’esperienza relativa ai fondi europei (2013) deve puntare, per darsi un futuro, sulle sue forze. Bisogna creare un network di ricerca che produca ricchezza; l’obiettivo dovrà essere portare il sistema-Calabria al centro del Mediterraneo, creando un polo di ricerca che sia punto di riferimento per l’intera area
In tutto ciò come si colloca il sistema universitario calabrese?
Fino ad oggi in Calabria abbiamo assistito ad un sistema universitario chiuso, che non dialoga col territorio. Nel mio modo di vedere se gli Atenei intercettano le esigenze del territorio, offrono delle proposte ed il territorio poi mette in pratica le soluzioni offerte lo sviluppo è garantito
Torniamo al network
Si, vanno creati dei poli di innovazione, diciamo in sei città, individuate in punti strategici al fine di creare nodi che garantiscano la nascita di una rete. A cascata, su scala regionale, nasceranno numerosi laboratori. Il polo non dovrà produrre solo per il sistema-Calabria, ma per l’intera area del Mediterraneo. Potrà intercettare traiettorie tecnologiche, ma sarà anche generatore di flussi tecnologici. I dottorati, di conseguenza, saranno banditi in quelle aree dove nasceranno i poli di innovazione. Così, a completamento del percorso, creeremo materiale umano pronto per essere assorbito e dare linfa ai poli di innovazione. Il tutto entro 3-5 anni. Ovviamente i dottorati di ricerca dovranno essere individuati in maniera mirata; se, ad esempio, crei un dottorato di ricerca sul sistema di finanza internazionale, in Calabria non troveremo sbocchi, ma se, invece, i dottorati saranno proposti su gestione ambiente, energie rinnovabili, agroalimentare, logistica e trasporti, lo sbocco è necessariamente in Calabria.
Quale la chiave?
Semplicemente la ratio, la programmazione e l’individuazione delle giuste iniziative da finanziare